Cagliari, 24 gennaio
Altri
quattro naufraghi del cargo «Fusina» avevano raggiunto la costa
vivi e sono morti, poi, sugli scogli.
A questa agghiacciante constatazione si è giunti grazie alle perizie
necroscopiche effettuate su richiesta del pretore di Sant’Antioco
dal dottor Felice Maurandi.
Ieri si è detto che sicuramente il marinaio Giuseppe Ballarin è
riuscito a raggiungere la terra, dopo aver nuotato per cinque ore,
sulla scia di Ugo Freguia, ma che è morto per assideramento e non
per asfissia.
Il corpo di Giuseppe Ballarin era stato trovato, infatti, sugli
scogli dell’isola di San Pietro.
Oggi si apprende che altri quattro naufraghi sono riusciti a toccare
terra ma sono morti o per le ferite riportate per essere stati
sbattuti dai marosi contro gli scogli, o per asfissia.
Il dottor Felice Maurandi ha effettuato l’autopsia di sette salme,
ma non ha voluto rendere noto il risultato delle sue perizie; si sa
solamente che per lo meno quattro marittimi del «Fusina» erano
riusciti ad avvicinarsi alla salvezza.
Pare certo che oltre al Ballarin, anche il marinaio Domenico Bonaldo
abbia potuto toccare terra.
Dello sventurato Bonaldo (che aveva 26 anni) sarebbe stata trovata
sugli scogli una maglia.
Il corpo del Bonaldo è stato ripescato, peraltro, in mare; ma la
necroscopia avrebbe permesso di accertare che la morte era dovuta ad
assideramento e non ad asfissia per annegamento.
Non si hanno altri particolari; infatti l’indagine condotta
dall’ufficio circondariale marittimo di Carloforte, e coordinata
dall’ispettore generale del ministero della Marina dottor Antonio
Azario e dal colonnello Osvaldo Possenti comandante la capitaneria
di porto di Cagliari, non consente, dato il severo riserbo, di
sapere quale sia il numero dei naufraghi che non sono morti per
annegamento, ma per altri motivi, e cioè o per assideramento, o per
le ferite riportate per essere stati sbattuti sugli scogli.
I corpi finora sicuramente riconosciuti sono quelli del primo
ufficiale di macchina Erminio Doria del secondo ufficiale Giordano
Voltolina, del capitano direttore di macchina Giorgio Renier, del
radiotelegrafista di bordo Giovanni Nordio, del nostromo Duilio
Padoan,dei marinai Giuseppe Ballarin, Francesco Ravalico, Nicola
Farinola e Domenico Bonaldo.
Ieri poco prima del mezzogiorno sommozzatori dei Carabinieri giunti
da Roma hanno ripescato nella zona di Punta Cannoni il cadavere di
un’altra vittima che è stato trasportato all’obitorio di Carloforte.
Fino a ieri sera la salma non era stata identificata.
Alle operazioni di soccorso partecipano due navi della Marina
Militare, due della Capitaneria di porto, tre elicotteri dei
Carabinieri e reparti di sommozzatori dell’Arma e dei Vigili del
Fuoco.
Si apprende, intanto, che la prova di trasmissione in fonia da bordo
della motovedetta «C.P. 306» della capitaneria di porto di
Cagliari, che ha incrociato - come avevamo annunciato - al largo di
Capo sandalo, avrebbe dato esito positivo.
Nonostante, cioè la «C.P. 306» si trovasse nel famoso «cono
d’ombra», la stazione di Campumannu avrebbe captato il segnale, sia
pure disturbato da molte interferenze.
Ieri sera si è riunita a Cagliari la commissione d’inchiesta
nominata dal ministero della Marina Mercantile per accertare le
circostanze in cui è avvenuto il naufragio del mercantile.
Della commissione - presieduta dal comandante della capitaneria di
porto di Cagliari, Possenti - fanno parte un ufficiale superiore
della Marina militare, in Ingegnere navale e un capitano di lungo
corso.
Nel corso della riunione - che è terminata a tarda notte - sono
stati ascoltati il Capitano De Michelis, comandante dell’ufficio
circondariale di Carloforte della capitaneria di porto, e il
cameriere di bordo Ugo Freguia, scampato al naufragio.
Sull’esito della commissione non si è appreso alcunché.
La commissione riferirà al ministero della Marina mercantile le
conclusioni cui è giunta durante l’inchiesta.
Per quanto riguarda il relitto avvistato a due miglia e mezzo da
Punta delle Oche, nella zona di Capo sandalo, dalle navi della
Marina Militare, grazie agli apparati elettronici ed agli scandagli
sonori, si può precisare che si tratta di una nave della lunghezza
approssimativa del «Fusina», che risulta inclinata su un fianco.
Il relitto giace ad una novantina di metri di profondità.
Non si può affermare categoricamente che si tratti della motonave
«Fusina»; anche se ci sono molte probabilità che sia così.
Per poter avere una risposta esauriente all’interrogativo del
momento la Marina Militare ha richiesto la speciale attrezzatura di
telecamere subacquee per esplorare il relitto.
Le telecamere «sub» dovrebbero giungere oggi in aereo a
Carloforte.
Carlo Patrizi
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