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La tragedia del Fusina |
Settima parte |
Rassegna
stampa nazionale |
Articolo 14 |
VENEZIA NOTTE
mercoledì 21 gennaio 1970 |
«FUSINA»:
instancabile opera di ricerca della Marina Militare
IL MARE HA RESTITUITO FINORA SOLO 8 SALME |
Altri due corpi
sono stati recuperati - Identificati soltanto 6 membri
dell’equipaggio -
Il sindaco di Chioggia partito per la Sardegna |
La Notte, nostro
servizio
Cagliari, 21 gennaio
Il
mare ha restituito finora, soltanto otto delle diciotto salme (ormai
purtroppo le speranze di trovare in vita qualche naufrago sono da
considerarsi praticamente nulle) dei membri dell’equipaggio della
motonave «Fusina» affondata nelle acque della Sardegna durante la
notte fra venerdì e sabato.
Come noto soltanto domenica sera si è sparsa a notizia del naufragio
quando il cameriere di bordo Ugo Freguia, dopo aver nuotato per
tutta una notte ed aver dormito per un giorno intero, ha narrato a
frasi smozzicate la tragica avventura di cui è rimasto vittima.
Fino a ieri sera le salme dei marittimi veneziani e chioggiotti
recuperate in mare grazie all’opera instancabile dei mezzi della
Marina Militare e della Guardia di Finanza, erano sei.
Ma ieri prima che facesse notte erano state avvistate altre due
salme che, peraltro non era stato possibile recuperare.
Le due salme sono state recuperate questa mattina.
Finora sono state identificate sei delle otto salme recuperate: sono
quelle del primo direttore di macchina Giorgio Renieri (32 anni)
abitante a Venezia in Castello 481; del meccanico Francesco Ravalico
(38 anni) da Trieste, Via Baiamonti 14; del nostromo Duilio Padoan
(50 anni) da Chioggia, Via San Giacomo 95; del radiotelegrafista
Giovanni Nordio (28 anni) da Chioggia, Via Manzoni 540; del marinaio
Giuseppe Ballarin (33 anni) da Mestre, Via Vergottini;
dell’ingrassatore Nicola Farinola (25 anni) da Molfetta;
Il mare, il crudele mare che ha stroncato diciotto vite, tiene
ancora nelle sue spire mortali, altri dieci corpi.
Intanto a Carloforte si attende il sindaco di Chioggia, il quale ha
voluto essere accanto ai congiunti delle vittime di questo
inspiegabile dramma del mare.
Ieri c’è stata nella chiesetta di Carloforte un rito funebre per le
vittime del naufragio; ha officiato il rito il parroco di
sant’Antioco.
Al rito ha presenziato, oltre ai familiari delle vittime (nella
navata del tempio c’erano sei bare) chiusi nel loro immenso dolore,
anche il sottosegretario alla Marina Mercantile Marmironi.
Alla fine del rito un gruppo di studenti dell’Istituto Nautico di
Carloforte ha inscenato una manifestazione innalzando cartelli di
protesta.
Gli studenti hanno chiesto al sottosegretario che il governo si
presti affinché venga rafforzata la rete di avvistamento costiero
(posti radio ecc.) per evitare il ripetersi di simili tragedie che
gettano nel lutto tante famiglie di marittimi.
Gli studenti hanno consegnato al sottosegretario una lettera.
Abbiamo rivisto questa mattina Ugo Freguia, il marittimo unico
superstite del naufragio.
E’ ancora frastornato, anzi sembra che dopo essersi rallegrato per
il fatto di essere l’unico rimasto miracolosamente vivo, risenta del
tremendo choc; si renda conto della tragica fine dei suoi compagni.
Ugo Freguia ieri ha finalmente telefonato ai suoi genitori al Lido.
Il giovane ha rassicurato i genitori ma ha detto che per il momento
non è possibile rientrare perché deve collaborare all’inchiesta ed
al riconoscimento delle salme.
L’inchiesta sul naufragio viene condotta dall’ufficio marittimo di
Carloforte, comandato dal capitano Angelo Porcu.
Carlo Patrizi |
FORSE IL
MARCONISTA HA COMMESSO
UN ERRORE USANDO IL RADIOTELEFONO |
«L’impianto radio
telegrafico del «Fusina» era uno dei migliori.
Era composto da un trasmettitore ad onde medie della potenza di 100
watt ed uno ad onde corte di 300 watt, più un radiotelefono per le
trasmissioni a distanza ravvicinata.
Oltre ad essere modernissimo era anche uno dei più completi».
Chi parla così è il signor Bozzao, capo-ufficio della Sirm, una
delle due società concessionarie dell’amministrazione delle poste
per l’installazione del servizio radioelettrico a bordo delle navi.
Ed è stata proprio la Sirm, che, non solo ha installato le
apparecchiature, ma ha anche fornito il marconista, Giovanni Nordio.
«Come si spiega - abbiamo chiesto al dirigente della Sirm - che
neanche con quelle apparecchiature così potenti nessuno abbia
captato nulla?».
«Il fatto è, ritengo, che il marconista deve aver usato il
radiotelefono.
Data la vicinanza delle costa, deve aver pensato che la chiamata
fosse facilmente udibile, ignorando naturalmente di trovarsi in un
cono d’ombra.
Infatti se avesse usato il radiotelegrafo - continua il signor
Bozzao - la chiamata sarebbe stata captata almeno dall’autoallarme
installato a bordo di tutte le unità.
Invece nessuno ha udito nulla».
«Cosa si potrebbe fare secondo lei per eliminare i coni d’ombra?».
L’unica cosa da fare è installare delle stazioni nuove.
Per il resto si può solo dire che il servizio fornito dalle stazioni
d’ascolto e sufficientemente, buono nel complesso».
Se questa è l’opinione della Sirm, che è nel gruppo Finmare, non
diversa è l’opinione dell’altra società concessionaria, la Telemar,
che è un’emanazione dell’armamento libero:«Le stazioni di ascolto
sono disseminate lungo tutte le coste italiane - ci ha detto il
dottor Zanetti, dirigente della Telemar - ad una distanza di circa
200 chilometri l’una dall’altra.
Ma purtroppo in particolari zone si formano dei coni d’ombra, nei
quali le trasmissioni diventano molto difficili.
Ciò accade spesso in presenza di coste frastagliate.
Così ad esempio un altro cono d’ombra esiste ad Ancona a causa del
promontorio.
Per eliminarli non c’è altra soluzione che installare nuove
stazioni.
Il ministero delle poste - conclude il dottor Zanetti - ha posto
allo studio un ampliamento della rete».
Un analogo fenomeno si verifica anche qui a Venezia.
Infatti le navi che percorrono la rotta che da Sansego porta a Pola
non possono essere sentite da Radio Venezia.
Ce lo conferma il cavalier Giovanni Ballarin, dirigente della
stazione del Lido.
«Il fenomeno purtroppo si verifica in determinate condizioni, in
particolari ore del giorno, e quando accade non siamo in grado di
effettuare nessuna comunicazione.
In questi casi le chiamate sono captate da Ancona, o da Trieste, che
poi ce le ritrasmettono».
«La stazione del Lido è simile a quella di Capo Mannu?», abbiamo
chiesto al cav. Ballarin.
«Certamente - ci ha risposto - tutte le stazioni sono fornite di
impianti simili.
E cioè di un transarchtic, che lavora in tandem con un amplificatore
Marconi da 400 watt, e di un altro transarchtic da 70 watt sulla
frequenza di soccorso.
In più qui a Venezia abbiamo anche un servizio portuale per panfili.
Ma questo ovviamente si giustifica con la particolare situazione
turistica della zona».
In pratica quindi secondo i tecnici così spiegano perché l’SOS non
sia stato captato: la nave improvvisamente si trova in difficoltà.
Il marconista, che probabilmente stava riposando, si precipita al
radiotelefono perché è il mezzo più celere per trasmettere i dati
necessari per individuare la posizione della nave.
Quando si accorge che nessuno lo sente, è ormai troppo tardi per
usare il radiotelegrafo, che avrebbe fatto scattare l’autoallarme
anche su altre navi, e così, si compie la tragedia.
In precedenza si ricorda solo un caso simile, di una nave scomparve
5 anni orsono nel Canale di Sicilia senza che nessuno ne abbia più
saputo niente.
Ma in quel caso non vi furono superstiti.
Gustavo Bocchini |
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