Carloforte,
20 gennaio
La
gente di Carloforte, gente che trae in prevalenza dal mare i mezzi
per vivere, ha continuato anche oggi ad affollarsi lungo il piccolo
molo, i bastioni, la spiaggia.
Sono venuti in tanti, uomini, donne, vecchi e ragazzi e tutti
segretamente, li animava la speranza di nuovo miracolo.
Ma questo non si è avverato.
Il mare ha restituito solo corpi inerti, solo cadaveri.
Per i diciotto uomini del "Fusina" il mercantile italiano affondato
a poche miglia dalla costa sarda, non c’è davvero più alcuna
speranza.
Questa sera, dopo ore e ore di ricerche, condotte da navi,
elicotteri e altri battelli, altre quattro salme si sono aggiunte
alle quattro recuperate ieri.
Il pietoso rito dell’identificazione avverrà quando saranno giunti,
in questo piccolo luminoso porto di Sardegna, tutti i familiari dei
marittimi scomparsi nella tragedia.
Le ricerche, ricominciate all’alba con largo spiegamento di mezzi
navali e aerei, hanno dato alle undici, un primo doloroso risultato:
una motovedetta della guardia di finanza avvistava un cadavere che
galleggiava a tre miglia da capo Sperone.
Poco dopo i militari issavano a bordo il corpo di un giovane sui
venticinque anni ricoperto da un maglione grigio a collo alto e
pantaloni marrone.
Poco lontano vagava sulle onde un salvagente con la scritta
«Fusina», evidentemente strappato dai marosi dal corpo del
marinaio, dopo che questi era, presumibilmente, già morto
assiderato.
Poco più tardi altri tre corpi venivano ripescati da due mezzi
privati partiti da Carloforte e dal rimorchiatore «Atleta».
Le ricerche, continuate fino a stasera, non hanno dato altri
risultati.
Un aereo Grumman del sottocentro di soccorso di Elmas aveva
segnalato alle navi in perlustrazione la presenza di una scialuppa
semisommersa.
La lancia è stata recuperata da un rimorchiatore ma sul natante non
è stata trovata alcuna scritta o altra indicazione che possa
permettere di stabilire che appartenesse al «Fusina».
Altre unità di soccorso hanno trovato vari relitti, ma niente di ciò
che è stato finora recuperato, può offrire una spiegazione, un
valido perché di tanta tragedia.
A Carloforte sono intanto giunti Sergio Catena, Marco Doria e Pietro
Renier fratelli rispettivamente del comandante, del primo ufficiale
e del direttore di macchina del mercantile affondato.
Nell’isola di San Pietro è anche giunto il sottosegretario alla
Marina mercantile senatore Mannironi per seguire l’inchiesta sul
tragico naufragio.
Mentre l’indagine prende avvio, una nuova rovente polemica è
divampata sulla situazione delle stazioni radio sarde e sulla loro
reale possibilità di captare i messaggi delle navi in pericolo.
L’unica stazione radio, nella parte meridionale dell’isola, quella
di Campomannu s’è rivelata da tempo insufficiente.
Nemmeno le ripetute sciagure, avvenute soprattutto al largo della
costa di Carloforte, sono servite a sollecitare le autorità ad
intervenire con decisione.
Perché questo è accaduto?
Perché non si è provveduto in tempo?
Erano proprio necessari altri diciotto morti perché il gravissimo
problema venisse, finalmente, alla luce.
Dicono fonti responsabili qui a Carloforte che Campumannu risulta
muta e sorda se deve trasmettere o ricevere segnali radio da vari
tratti del Tirreno, in particolare dalle acque al largo dl Sulcis,
dove, infatti, sono avvenuti diversi naufragi, senza che gli SOS
lanciati dalle navi in difficoltà venissero captati.
A Carloforte queste cose si sanno e la gente parla chiaro.
L’inchiesta accerti le responsabilità, ma le autorità si decidano a
fare qualche cosa di concreto per rimediare ad una gravissima
situazione, le cui conseguenze non hanno limite nella loro
drammaticità, come dimostra appunto la tragedia del «Fusina».
L’atto «numero uno» della inchiesta è stato compiuto stamane
quando l’unico superstite, il cameriere di bordo Ugo Freguja, ha
mostrato alle autorità marittime la località in cui ha toccato
terra.
La circostanza è importante ai fini dell’indagine per stabilire
esattamente dove l’uomo è stato spinto dal mare riuscendo a scampare
dopo diverse ore di nuoto alla morte.
Ugo Freguja ha poi deposto a verbale sulle circostanze che hanno
preceduto l’affondamento del «Fusina».
L’inchiesta sommaria tende in particolare a stabilire una questione
di fondamentale importanza, cioè se sulla nave, una volta
predisposte le operazioni di carico, il minerale di piombo imbarcato
fosse stato assicurato a mezzo di paratie per evitarne lo
spostamento, ossia per impedire ciò che poi sembra abbia determinato
la tragedia.
Un altro punto da chiarire riguarda la mancata ricezione del segnale
di soccorso anche da parte delle altre radio costiere e dalle nevi
in rotta nel Mediterraneo.
Amilcare Nave |