A cura di Salvatore Borghero Rodin

     

 

 
 

A cura di Salvatore Borghero Rodin - Racconto a puntate sui principali eventi che hanno dato vita alla grande storia di Carloforte e dell'Isola di San Pietro

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La tragedia del Fusina

Settima parte

Rassegna stampa nazionale

Articolo 13

IL SECOLO XIX
mercoledì 21 gennaio 1970

Il tragico affondamento del «Fusina»

Perché l’SOS non è stato captato
La stazione radio di Campumannu è da tempo insufficiente -
Le ripetute sciagure non sono servite a sollecitare radicali provvedimenti -
Altre 4 salme recuperate

Carloforte, 20 gennaio

La gente di Carloforte, gente che trae in prevalenza dal mare i mezzi per vivere, ha continuato anche oggi ad affollarsi lungo il piccolo molo, i bastioni, la spiaggia.

Sono venuti in tanti, uomini, donne, vecchi e ragazzi e tutti segretamente, li animava la speranza di nuovo miracolo.

Ma questo non si è avverato.

Il mare ha restituito solo corpi inerti, solo cadaveri.

Per i diciotto uomini del "Fusina" il mercantile italiano affondato a poche miglia dalla costa sarda, non c’è davvero più alcuna speranza.

Questa sera, dopo ore e ore di ricerche, condotte da navi, elicotteri e altri battelli, altre quattro salme si sono aggiunte alle quattro recuperate ieri.

Il pietoso rito dell’identificazione avverrà quando saranno giunti, in questo piccolo luminoso porto di Sardegna, tutti i familiari dei marittimi scomparsi nella tragedia.

Le ricerche, ricominciate all’alba con largo spiegamento di mezzi navali e aerei, hanno dato alle undici, un primo doloroso risultato: una motovedetta della guardia di finanza avvistava un cadavere che galleggiava a tre miglia da capo Sperone.

Poco dopo i militari issavano a bordo il corpo di un giovane sui venticinque anni ricoperto da un maglione grigio a collo alto e pantaloni marrone.

Poco lontano vagava sulle onde un salvagente con la scritta «Fusina», evidentemente strappato dai marosi dal corpo del marinaio, dopo che questi era, presumibilmente, già morto assiderato.

Poco più tardi altri tre corpi venivano ripescati da due mezzi privati partiti da Carloforte e dal rimorchiatore «Atleta».

Le ricerche, continuate fino a stasera, non hanno dato altri risultati.

Un aereo Grumman del sottocentro di soccorso di Elmas aveva segnalato alle navi in perlustrazione la presenza di una scialuppa semisommersa.

La lancia è stata recuperata da un rimorchiatore ma sul natante non è stata trovata alcuna scritta o altra indicazione che possa permettere di stabilire che appartenesse al «Fusina».

Altre unità di soccorso hanno trovato vari relitti, ma niente di ciò che è stato finora recuperato, può offrire una spiegazione, un valido perché di tanta tragedia.

A Carloforte sono intanto giunti Sergio Catena, Marco Doria e Pietro Renier fratelli rispettivamente del comandante, del primo ufficiale e del direttore di macchina del mercantile affondato.

Nell’isola di San Pietro è anche giunto il sottosegretario alla Marina mercantile senatore Mannironi per seguire l’inchiesta sul tragico naufragio.

Mentre l’indagine prende avvio, una nuova rovente polemica è divampata sulla situazione delle stazioni radio sarde e sulla loro reale possibilità di captare i messaggi delle navi in pericolo.

L’unica stazione radio, nella parte meridionale dell’isola, quella di Campomannu s’è rivelata da tempo insufficiente.

Nemmeno le ripetute sciagure, avvenute soprattutto al largo della costa di Carloforte, sono servite a sollecitare le autorità ad intervenire con decisione.

Perché questo è accaduto?

Perché non si è provveduto in tempo?

Erano proprio necessari altri diciotto morti perché il gravissimo problema venisse, finalmente, alla luce.

Dicono fonti responsabili qui a Carloforte che Campumannu risulta muta e sorda se deve trasmettere o ricevere segnali radio da vari tratti del Tirreno, in particolare dalle acque al largo dl Sulcis, dove, infatti, sono avvenuti diversi naufragi, senza che gli SOS lanciati dalle navi in difficoltà venissero captati.

A Carloforte queste cose si sanno e la gente parla chiaro.

L’inchiesta accerti le responsabilità, ma le autorità si decidano a fare qualche cosa di concreto per rimediare ad una gravissima situazione, le cui conseguenze non hanno limite nella loro drammaticità, come dimostra appunto la tragedia del «Fusina».

L’atto «numero uno» della inchiesta è stato compiuto stamane quando l’unico superstite, il cameriere di bordo Ugo Freguja, ha mostrato alle autorità marittime la località in cui ha toccato terra.

La circostanza è importante ai fini dell’indagine per stabilire esattamente dove l’uomo è stato spinto dal mare riuscendo a scampare dopo diverse ore di nuoto alla morte.

Ugo Freguja ha poi deposto a verbale sulle circostanze che hanno preceduto l’affondamento del «Fusina».

L’inchiesta sommaria tende in particolare a stabilire una questione di fondamentale importanza, cioè se sulla nave, una volta predisposte le operazioni di carico, il minerale di piombo imbarcato fosse stato assicurato a mezzo di paratie per evitarne lo spostamento, ossia per impedire ciò che poi sembra abbia determinato la tragedia.

Un altro punto da chiarire riguarda la mancata ricezione del segnale di soccorso anche da parte delle altre radio costiere e dalle nevi in rotta nel Mediterraneo.

Amilcare Nave

Continua...

Fine settima parte - Articolo 13

 

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