Cagliari, 18 gennaio
Una
nave di circa 2.700 tonnellate, la «Fusina» del compartimento di
Venezia sarebbe affondato al largo dell’isola di San Pietro nella
Sardegna meridionale.
C’erano a bordo 19 uomini, uno solo dei quali è ora in salvo.
Gli altri sono considerati dispersi.
Il naufragio sarebbe avvenuto venerdì sera, ma soltanto oggi se n’è
avuta notizia.
Le cause sono per il momento sconosciute ma, come è stato precisato
negli ambienti marittimi, possono essere diverse.
Il tempo venerdì sera non era buono, ma neppure proibitivo.
Soffiava un vento da nord nord-ovest a circa quaranta chilometri
l’ora e la nave, la cui rotta era Venezia, avrebbe dovuto riceverlo
di poppa; il mare era a forza tre-quattro.
La prima ipotesi è che la «Fusina» sia affondata per un rapido
spostamento del carico (minerale di piombo) nelle stive.
Il naufragio probabilmente è avvenuto all’improvviso e la nave deve
essere affondata in poco tempo; nessun messaggio di soccorso è stato
raccolto dal centro radio di Campumannu di Cagliari, ma non è
escluso che dalla «Fusina» sia stato lanciato.
La zona dove è avvenuto il naufragio è situata in un «cono d’ombra»
per le comunicazioni radio per cui l’energia magnetica viene
assorbita dalle masse terrose che impediscono la ricezione.
Appena appresa la notizia, la capitaneria di porto di Cagliari ha
disposto l’invio di soccorsi; una nave è partita da Sant’Antioco e
da Cagliari ha salpato le ancore la motovedetta «CP 306» del tipo «Barnet»
che giungerà nelle acque di Carloforte questa notte.
Da terra come è stato precisato dalla Capitaneria di Carloforte,
alcuni pescatori hanno avvistato i cadaveri di due uomini
galleggiare al largo e l’unità partita da Sant’Antioco li sta
cercando.
Ecco l’elenco dell’equipaggio, fornito dalla società armatrice
«SANA»: comandante Mario Catena, direttore di macchina Giorgio
Renier, primo ufficiale Giacinto Gimma, primo macchinista Erminio
Doria, secondo ufficiale Giordano Voltolina, secondo macchinista
Giacomo Canova, radiotelegrafista Giovanni Nordio, nostromo Duilio
Padoan, operaio meccanico Francesco Ravalico, caporale Sergio Doria,
cuoco Giovanni Lenzovich, marinai Giuseppe De Gennaro, Giuseppe
Ballarin, Domenico Bonaldo, Felice Spanio, cameriere Ugo Freguja
(l’uomo che si è salvato): ingrassatori Nicola Farinola e Giuliano
Scienzo; mozzo Angelo Barbieri.
Il superstite, come detto, è il cameriere di bordo Ugo Freguja, 28
anni, veneziano.
«Ero sceso sotto coperta e mi ero sdraiato nella mia cuccetta - ha
raccontato Ugo Freguja - quando la nave improvvisamente è sbandata
paurosamente su un fianco.
Poco è mancato che non cadessi a terra; subito dopo ho udito delle
grida e un mio compagno mi ha urlato «vieni su» stiamo affondando».
Mi sono precipitato in coperta e ho visto i marinai che sotto la
guida del comandante cercavano di calare in mare le scialuppe di
salvataggio.
Ma la inclinazione era ormai troppo forte e l’operazione si è resa
impossibile.
L’inclinazione aumentava di minuto in minuto e allora il comandante
ha dato l’ordine di abbandonare la nave e ho nuotato come un
disperato.
Ho raggiunto la riva l’indomani mattina e sono riuscito a
raggiungere una casetta dove sono entrato e mi sono rifugiato.
Poi è venuto il padrone che mi ha soccorso e finalmente eccomi qua.
Sono addolorato e non so cosa sia capitato ai miei compagni.
La nave era partita per questo suo ultimo viaggio venerdì alle 21,15
da Portovesme, vicino a Sant’Antioco, nella Sardegna meridionale.
A quanto si è potuto apprendere dal racconto un po’ confuso del
cameriere superstite, che era in stato di choc, la «Fusina» sarebbe
affondata un’ora e mezzo circa dopo la partenza all’altezza del faro
di Capo Sandalo di Carloforte, in maniera tanto repentina che
l’equipaggio non ha fatto in tempo a mettere in mare le lance che
erano in coperta.
Dal punto in cui la nave è colata a picco a Carloforte ci sono circa
sei miglia.
Il cameriere Ugo Freguja ha compiuto questo percorso a nuoto,
impiegando otto ore.
Questo si desume dal suo frammentario racconto.
Arrivato esausto sulla spiaggia di Carloforte - in una zona che in
questo periodo invernale è quasi sempre deserta - il Freguja si è
abbandonato sulla riva dove è rimasto in stato di choc fino a
quando, nelle prime ore del pomeriggio di oggi, si è riavuto ed è
riuscito a raggiungere una capanna dove si trovava un contadino.
Questi l’ha rifocillato accompagnandolo poi alla Capitaneria di
Porto di Carloforte.
Ad un ufficiale di servizio Ugo Freguja ha raccontato del naufragio
e del suo salvataggio.
Ha aggiunto che la «Fusina» lanciò l’SOS mentre il comandante faceva
sparare i razzi.
«Ma nessuno udì e vide nulla», ha concluso il cameriere.
Visitato da un medico il Freguja è stato trovato in buone condizioni
fisiche per quanto in stato di prolungato choc.
Egli è ora in un albergo cittadino: probabilmente non potrà essere
interrogato fino a domani.
La «Fusina» era al comando del capitano Mario Catena di Mestre
(Venezia), un vecchio «lupo di mare» nonostante avesse da poco
superato i 50 anni di età.
La «Fusina» era solita operare negli scali dell’Adriatico e
saltuariamente veniva impiegata per la Sicilia o la Sardegna.
Nessuna comunicazione ufficiale è ancora giunta agli armatori.
«E’ un fatto che ci lascia molto perplessi» ha dichiarato il cap.
Borsani, direttore della «S.A.N.A.» ed ha così proseguito: «E’ mai
possibile che una nave, sia pure di dimensioni modeste come la
«Fusina», affondi un’ora dopo aver lasciato il porto di S. Antioco,
senza lanciare un «SOS», un segnale di soccorso, di aiuto?
Dovrebbe aver subito uno squarcio enorme per affondare così
rapidamente.
Sto cercando di mettermi in contatto con la radio costiera di
Cagliari per farmi dare ulteriori particolari.
Quando capitano queste disgrazie bisogna sperare in tutto».
La famiglia del comandante Catena e quella dei componenti
dell’equipaggio non sono state ancora avvertite: la compagnia
armatrice attende, infatti, la comunicazione ufficiale che si potrà
avere quando la radio di Cagliari avvertirà che non è più possibile
il «contatto» con la «Fusina». |