Dal nostro corrispondente
Cagliari, 22 gennaio
Sette dei naufraghi
approdati a Carloforte, avrebbero potuto salvarsi, avendo toccato
terra da vivi.
Per uno di essi, il
marinaio Ballarin, la cosa è certa, almeno secondo il medico
dell’isola di S. Pietro, che ha visitato la salma, il dr. Felice
Maurandi.
Si è trovata la
canottiera del Ballarin ad asciugare sulle rocce, ma l’ipotesi
sembra valida anche per gli altri sei, e questo perché i corpi
avevano delle ferite prodotte dagli scogli: ferite che sanguinavano
come avviene a chi è ancora vivo.
D’altra parte,
tutti, nella loro speranza di salvezza, si sono diretti verso
l’unica cosa che nel buio potevano scorgere: il faro di Capo
Sandalo, sull’isola di S. Pietro.
Gli altri, quelli
che non sono stati in condizioni fisiche di nuotare e sono stati
travolti dal naufragio, il mare li ha portati verso l’isola della
Vacca, dove sono stati ritrovati e dove ancora oggi si è diretto il
fratello di Mario Catena con una barca a remi.
«Ballarin è morto
dal freddo – ha detto il medico – Posso sottoscriverlo: ne sono
certo».
I Carlofortini, che
sono uomini di mare, che sanno che non si arriva sotto il faro
soltanto per forza di mare, ma per forza di speranze, si incupiscono
quando ne parlano e il loro accento genovese si fa più stretto.
«Non dovevano
morire. Erano già arrivati. Se ce l’avessero fatta a superare la
scogliera, questa maledetta cascata di sassi che circonda tutta
l’isola, oggi sarebbero con noi, con Freguia, con i loro familiari.
Sarebbe bastata una stazione-radio, un sorvegliante al faro, una
motovedetta efficiente. Invece, quelle due che ci sono, non
camminano, sono in avaria.
Sono arrivati salvi. Pazienza li avesse uccisi il mare. Ma qui siamo
noi, gli scogli e gli occhi della gente che li ha lasciati morire».
Il buio ha sospeso
le ricerche.
C’erano tre
elicotteri militari, le navi, i pescatori e gli studenti della
scuola nautica.
Non hanno trovato nulla.
Sembra che non abbiano trovato nulla nemmeno quelli che cercano
nella burocrazia le ragioni dell’affondamento.
I documenti della
Capitaneria, alla quale si è appoggiato il mercantile, prima di
salpare per l’ultimo viaggio, sembra siano ineccepibili.
Dino Sanna |