Venezia,
20 gennaio
Come è avvenuto il
naufragio del «Fusina»? Il racconto dell’unico superstite – il
cameriere di bordo Ugo Freguja – non basta a chiarire le circostanze
del sinistro.
Le autorità
marittime della Sardegna dovranno far luce sugli aspetti tecnici del
naufragio.
Accanto al «come»,
però, c’è una domanda ancora più angosciosa che vuole una risposta:
perché nessuno degli altri diciotto membri dell’equipaggio non ha
potuto salvarsi? Perché le operazioni di soccorso sono cominciate a
tante ore dalla tragedia, quando ormai alla speranza di ritrovar
vivo qualcuno si aggrapparono soltanto i parenti delle vittime?
La risposta che fin
dall’altro giorno, è stata data a questa domanda inquietante è nota:
uno dei cosiddetti «coni d’ombra» ha impedito la propagazione
dell’«S.O.S.» partito dal «Fusina».
La particolare
conformazione della costa sarda nella zona in cui è avvenuto il
naufragio, a causa di un «anormale» assorbimento delle onde
elettromagnetiche ha impedito la propagazione dell’appello lanciato
dalla cabina radio del «cargo» veneziano.
Giovanni Nordio, il
ventottenne ufficiale telegrafista di bordo, scomparso con gli altri
tra i flutti, avrebbe dunque lanciato, non si sa bene per quanto
tempo e comunque invano il suo drammatico appello.
Regge la tesi del
«cono d’ombra»?
Un uomo risponde di no.
Si chiama Mario
Capra, ha navigato per 34 anni, ha subito – in tempo di guerra – due
naufragi, ed ora insegna tecnica della trasmissione all’Istituto
professionale per le attività marinare della fondazione «Giorgio
Cini» all’isola di San Giorgio.
E’ stato Mario
Capra a portare al brevetto Giovanni Nordio e sul suo allievo ha un
giudizio tecnico preciso da esprimere: «Dal punto di vista
professionale era sicuramente preparato.
Il suo rendimento, per quello che io so, era da considerare
superiore alla media».
Se il
radiotelegrafista ha fatto quello che doveva, la trasmissione
dell’appello può essere rimasta inascoltata?
Mario Capra afferma
che l’«S.O.S.» qualcuno lo avrebbe dovuto udire.
Il famoso «cono d’ombra» può avere ostacolato la ricezione della
stazione più vicina, ma gli altri centri di ascolto?
«A Roma c’è uno dei centri più grossi d’Europa.
A Cagliari c’è una stazione di ascolto permanente.
Altre sono dislocate in Corsica e nella costa nordafricana.
E’ assolutamente impossibile che nessuno abbia udito l’appello.
E non parlo –
aggiunge Mario Capra – soltanto dei centri fissi. Risulta che il
naufragio è avvenuto in una fascia oraria – fra le 20 e le 23, ora
di Greenwich – durante la quale tutti gli operatori di bordo sono in
servizio».
Non c’è soltanto
questa constatazione a fare dubitare che l’«S.O.S.» sia stato
lanciato.
In osservanza delle
convenzionali, a bordo di ogni nave che superi le 1.600 tonnellate
di stazza, c’è l’apparato di trasmissione principale che funziona
con la normale corrente di bordo.
C’è poi un
trasmettitore di emergenza che funziona a batterie, collocate per
legge nella parte più alta della nave, in modo da garantire
l’efficienza anche in casi di emergenza drammatica.
Non è tutto.
Romano Mora, che
insegna tecnica ed uso degli apparati di rice–trasmissione
all’Istituto professionale per le attività marinare ed ha avuto
anche lui Giovanni Nordio per allievo, ci dice:
«A bordo, poi, per legge, ci deve essere un apparecchio che viene
chiamato comunemente “manipolatore automatico”. Serve per consentire
all’operatore di salvarsi, per ultimo magari, garantendo comunque la
trasmissione dell’appello di soccorso fin che la nave sta a galla.
Non solo: a bordo di tutte le navi e presso tutti i centri radio a
terra c’è un ricevitore automatico. Lo si innesta tutte le volte che
non si effettua l’ascolto diretto. Al segnale d’allarme, il
ricevitore fa scattare alcune suonerie. A bordo le suonerie sono di
norma collocate nell’alloggio dell’operatore radio, nella plancia di
comando e nella stazione ricetrasmittente. Il “manipolatore
automatico” riceve l’energia dall’impianto di emergenza: basta
girare una manopola e premere un bottone e l’apparecchio lancia per
ore il segnale di soccorso sulla «banda» dei 500 Kilocicli «soccorso
e chiamata».
L’agenzia Ansa
riferisce che i tecnici della stazione radio di Campu Mannu, presso
Cagliari, non riescono a dare una spiegazione al fatto. A quanto
sembra, nessuno – hanno fatto rilevare – ha intercettato gli
«S.O.S.» nemmeno le potenti stazioni.
«Questa circostanza
– ha detto il direttore della stazione radio cagliaritana – è
singolare. Di solito – ha precisato – i segnali di soccorso vengono
lanciati per radio telegrafia e le possibilità di essere
intercettati hanno, rispetto ai segnali lanciati per radiotelefonia,
un rapporto di cinque a uno. Pertanto occorre dare una spiegazione
al fatto che gli «S.O.S.» non siano stati captati. Se poi – ha
precisato ancora – i segnali di soccorso sono stati lanciati per
radiotelefonia è probabile che la stazione di Campu Mannu non li
abbia intercettati a causa dei «coni d’ombra» che fanno da schermo
alla stazione stessa, dislocata nella zona sud occidentale della
Sardegna e precisamente nel Sulcis dove sono in attività numerose
miniere. E’ improbabile però che tali segnali non siano stati
intercettati dalle altre stazioni radio e dalle navi. Tuttavia, ha
osservato il direttore della stazione radio, la settimana scorsa il
centro radio di Campu Mannu ha intercettato benissimo il segnale di
soccorso lanciato dalla “Esso Cardiff” (la petroliera inglese nella
quale era divampato un incendio) che navigava, al momento del
sinistro, nella stessa zona in cui è affondata la «Fusina».
Da bordo del
«Fusina» - dunque – la chiamata di soccorso non è partita?
Mario Capra e
Romano Mora ripetono entrambi: «Se l' "S.O.S." fosse stato lanciato,
è impossibile che nessuno lo abbia captato».
Questo spiega il
lungo, drammatico ritardo nella organizzazione dei soccorsi.
Spiega – più e
meglio del «come» la nave è affondata – il perché di tanti lutti, in
uno specchio di mare vicino alla costa.
Giovanni Nordio era
un ottimo ufficiale telegrafista. Questo fatto, però, non esclude
del tutto la possibilità che lui o altri, nella cabina radio del
«Fusina», nei momenti angosciosi del dramma, abbia commesso un
errore risultato fatale, ai fini dell’organizzazione dei soccorsi.
«Su molte navi, in
genere quelle di stazza minore – ci spiega Mario Capra – c’è una
sola antenna che serve per le trasmissioni con le apparecchiature
normali e per quelle con le apparecchiature di emergenza. Nella
cabina del radio-operatore c’è un commutatore, per consentire
l’innesto all’antenna di uno e dell’altro apparecchio. E’ poco
probabile che un radio-operatore in gamba com’era Giovanni Nordio
commetta un errore così macroscopico. In certe circostanze, però,
l’errore può anche verificarsi. L’operatore crede di trasmettere
l’«S.O.S.»: picchia disperatamente sul tasto fino all’ultimo
momento, ma dall’antenna disinnescata non parte alcun segnale...».
Questo, dunque,
spiegherebbe il motivo per cui la disperata chiamata degli uomini
del «Fusina» non è stata udita da nessuno, neanche durante i minuti
di «silenzio radio» imposti a tutte le stazioni (sei minuti ogni
ora, fra il quindicesimo ed il diciottesimo e fra il
quarantacinquesimo ed il quarantottesimo) durante i quali si possono
lanciare e ricevere solo gli «S.O.S.».
Sono davvero andate
così le cose?
C’è stato, nel
momento più drammatico della vicenda del «Fusina», quel macroscopico
errore di cui parlavamo?
Oppure, per una
qualche misteriosa ragione, il segnale di soccorso non è stato
lanciato? Il mistero, purtroppo, se lo sono portati fra le onde gli
uomini del «Fusina».
Gianpiero Rizzon |