A cura di Salvatore Borghero Rodin

     

 

 
 

A cura di Salvatore Borghero Rodin - Racconto a puntate sui principali eventi che hanno dato vita alla grande storia di Carloforte e dell'Isola di San Pietro

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16.01.2010 - Fusina - Nel 40° anniversario della tragedia che toccò il cuore dei Carlofortini
   

La tragedia del Fusina

Sesta parte

Rassegna stampa regionale veneta

Articolo 11

IL GAZZETTINO DI VENEZIA
mercoledì 21 gennaio 1970
- Pagina 3 -

Articolo a pagina tre, su sette colonne.
Al centro, una grande foto, su 3 colonne, con la seguente didascalia:

Il marinaio Domenico Bonaldo, fotografato a Natale, nella sua casa di Chioggia.

I drammatici interrogativi dopo il naufragio
Dal «Fusina» partì l’S.O.S.?
Esperti di trasmissioni sostengono che se il marconista di bordo Giovanni Nordio avesse lanciato l’appello di soccorso, questo avrebbe dovuto essere senz’altro raccolto – Il «cono d’ombra» potrebbe aver ostacolato soltanto la stazione più vicina

Venezia, 20 gennaio

Come è avvenuto il naufragio del «Fusina»? Il racconto dell’unico superstite – il cameriere di bordo Ugo Freguja – non basta a chiarire le circostanze del sinistro.

Le autorità marittime della Sardegna dovranno far luce sugli aspetti tecnici del naufragio.

Accanto al «come», però, c’è una domanda ancora più angosciosa che vuole una risposta: perché nessuno degli altri diciotto membri dell’equipaggio non ha potuto salvarsi? Perché le operazioni di soccorso sono cominciate a tante ore dalla tragedia, quando ormai alla speranza di ritrovar vivo qualcuno si aggrapparono soltanto i parenti delle vittime?

La risposta che fin dall’altro giorno, è stata data a questa domanda inquietante è nota: uno dei cosiddetti «coni d’ombra» ha impedito la propagazione dell’«S.O.S.» partito dal «Fusina».

La particolare conformazione della costa sarda nella zona in cui è avvenuto il naufragio, a causa di un «anormale» assorbimento delle onde elettromagnetiche ha impedito la propagazione dell’appello lanciato dalla cabina radio del «cargo» veneziano.

Giovanni Nordio, il ventottenne ufficiale telegrafista di bordo, scomparso con gli altri tra i flutti, avrebbe dunque lanciato, non si sa bene per quanto tempo e comunque invano il suo drammatico appello.

Regge la tesi del «cono d’ombra»?
Un uomo risponde di no.

Si chiama Mario Capra, ha navigato per 34 anni, ha subito – in tempo di guerra – due naufragi, ed ora insegna tecnica della trasmissione all’Istituto professionale per le attività marinare della fondazione «Giorgio Cini» all’isola di San Giorgio.

E’ stato Mario Capra a portare al brevetto Giovanni Nordio e sul suo allievo ha un giudizio tecnico preciso da esprimere: «Dal punto di vista professionale era sicuramente preparato.
Il suo rendimento, per quello che io so, era da considerare superiore alla media».

Se il radiotelegrafista ha fatto quello che doveva, la trasmissione dell’appello può essere rimasta inascoltata?

Mario Capra afferma che l’«S.O.S.» qualcuno lo avrebbe dovuto udire.
Il famoso «cono d’ombra» può avere ostacolato la ricezione della stazione più vicina, ma gli altri centri di ascolto?
«A Roma c’è uno dei centri più grossi d’Europa.
A Cagliari c’è una stazione di ascolto permanente.
Altre sono dislocate in Corsica e nella costa nordafricana.
E’ assolutamente impossibile che nessuno abbia udito l’appello.

E non parlo – aggiunge Mario Capra – soltanto dei centri fissi. Risulta che il naufragio è avvenuto in una fascia oraria – fra le 20 e le 23, ora di Greenwich – durante la quale tutti gli operatori di bordo sono in servizio».

Non c’è soltanto questa constatazione a fare dubitare che l’«S.O.S.» sia stato lanciato.

In osservanza delle convenzionali, a bordo di ogni nave che superi le 1.600 tonnellate di stazza, c’è l’apparato di trasmissione principale che funziona con la normale corrente di bordo.

C’è poi un trasmettitore di emergenza che funziona a batterie, collocate per legge nella parte più alta della nave, in modo da garantire l’efficienza anche in casi di emergenza drammatica.

Non è tutto.

Romano Mora, che insegna tecnica ed uso degli apparati di rice–trasmissione all’Istituto professionale per le attività marinare ed ha avuto anche lui Giovanni Nordio per allievo, ci dice:
«A bordo, poi, per legge, ci deve essere un apparecchio che viene chiamato comunemente “manipolatore automatico”. Serve per consentire all’operatore di salvarsi, per ultimo magari, garantendo comunque la trasmissione dell’appello di soccorso fin che la nave sta a galla. Non solo: a bordo di tutte le navi e presso tutti i centri radio a terra c’è un ricevitore automatico. Lo si innesta tutte le volte che non si effettua l’ascolto diretto. Al segnale d’allarme, il ricevitore fa scattare alcune suonerie. A bordo le suonerie sono di norma collocate nell’alloggio dell’operatore radio, nella plancia di comando e nella stazione ricetrasmittente. Il “manipolatore automatico” riceve l’energia dall’impianto di emergenza: basta girare una manopola e premere un bottone e l’apparecchio lancia per ore il segnale di soccorso sulla «banda» dei 500 Kilocicli «soccorso e chiamata».

L’agenzia Ansa riferisce che i tecnici della stazione radio di Campu Mannu, presso Cagliari, non riescono a dare una spiegazione al fatto. A quanto sembra, nessuno – hanno fatto rilevare – ha intercettato gli «S.O.S.» nemmeno le potenti stazioni.

«Questa circostanza – ha detto il direttore della stazione radio cagliaritana – è singolare. Di solito – ha precisato – i segnali di soccorso vengono lanciati per radio telegrafia e le possibilità di essere intercettati hanno, rispetto ai segnali lanciati per radiotelefonia, un rapporto di cinque a uno. Pertanto occorre dare una spiegazione al fatto che gli «S.O.S.» non siano stati captati. Se poi – ha precisato ancora – i segnali di soccorso sono stati lanciati per radiotelefonia è probabile che la stazione di Campu Mannu non li abbia intercettati a causa dei «coni d’ombra» che fanno da schermo alla stazione stessa, dislocata nella zona sud occidentale della Sardegna e precisamente nel Sulcis dove sono in attività numerose miniere. E’ improbabile però che tali segnali non siano stati intercettati dalle altre stazioni radio e dalle navi. Tuttavia, ha osservato il direttore della stazione radio, la settimana scorsa il centro radio di Campu Mannu ha intercettato benissimo il segnale di soccorso lanciato dalla “Esso Cardiff” (la petroliera inglese nella quale era divampato un incendio) che navigava, al momento del sinistro, nella stessa zona in cui è affondata la «Fusina».

Da bordo del «Fusina» - dunque – la chiamata di soccorso non è partita?

Mario Capra e Romano Mora ripetono entrambi: «Se l' "S.O.S." fosse stato lanciato, è impossibile che nessuno lo abbia captato».

Questo spiega il lungo, drammatico ritardo nella organizzazione dei soccorsi.

Spiega – più e meglio del «come» la nave è affondata – il perché di tanti lutti, in uno specchio di mare vicino alla costa.

Giovanni Nordio era un ottimo ufficiale telegrafista. Questo fatto, però, non esclude del tutto la possibilità che lui o altri, nella cabina radio del «Fusina», nei momenti angosciosi del dramma, abbia commesso un errore risultato fatale, ai fini dell’organizzazione dei soccorsi.

«Su molte navi, in genere quelle di stazza minore – ci spiega Mario Capra – c’è una sola antenna che serve per le trasmissioni con le apparecchiature normali e per quelle con le apparecchiature di emergenza. Nella cabina del radio-operatore c’è un commutatore, per consentire l’innesto all’antenna di uno e dell’altro apparecchio. E’ poco probabile che un radio-operatore in gamba com’era Giovanni Nordio commetta un errore così macroscopico. In certe circostanze, però, l’errore può anche verificarsi. L’operatore crede di trasmettere l’«S.O.S.»: picchia disperatamente sul tasto fino all’ultimo momento, ma dall’antenna disinnescata non parte alcun segnale...».

Questo, dunque, spiegherebbe il motivo per cui la disperata chiamata degli uomini del «Fusina» non è stata udita da nessuno, neanche durante i minuti di «silenzio radio» imposti a tutte le stazioni (sei minuti ogni ora, fra il quindicesimo ed il diciottesimo e fra il quarantacinquesimo ed il quarantottesimo) durante i quali si possono lanciare e ricevere solo gli «S.O.S.».

Sono davvero andate così le cose?

C’è stato, nel momento più drammatico della vicenda del «Fusina», quel macroscopico errore di cui parlavamo?

Oppure, per una qualche misteriosa ragione, il segnale di soccorso non è stato lanciato? Il mistero, purtroppo, se lo sono portati fra le onde gli uomini del «Fusina».

Gianpiero Rizzon

Continua...

Fine sesta parte - Articolo 11

 

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