A cura di Salvatore Borghero Rodin

     

 

 
 

A cura di Salvatore Borghero Rodin - Racconto a puntate sui principali eventi che hanno dato vita alla grande storia di Carloforte e dell'Isola di San Pietro

Indice generale della rubrica "La grande Storia di Carloforte"

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16.01.2010 - Fusina - Nel 40° anniversario della tragedia che toccò il cuore dei Carlofortini
   

La tragedia del Fusina

Settima parte

Rassegna stampa nazionale

Articolo 19

VENEZIA NOTTE
venerdì 23 gennaio 1970

Agghiacciante: un altro marinaio del «Fusina» aveva toccato terra

MORTO ASSIDERATO due giorni dopo il naufragio!
Lo sventurato - secondo gli accertamenti del medico di Carloforte - ha agonizzato 48 ore tra gli scogli

Cagliari, 23 gennaio

Agghiacciante scoperta: un marinaio del «Fusina» è morto 48 ore dopo il naufragio del cargo veneziano, quando già aveva toccato terra sugli scogli dell’isola di San Pietro, proprio sulla scia di quello che si credeva l’unico superstite della tragedia del mare, il cameriere di bordo Ugo Freguia.

Il marinaio che era riuscito a buttarsi in mare dal «Fusina», che aveva disperatamente nuotato per buona parte della notte ma che era riuscito a toccare terra, è il trentatreenne Giuseppe Ballarin, un ex bagnino di Jesolo, sposato con Pierina Ballarin (31 a.) e padre di due bambine, una di sei e una di due anni.

Il corpo di Giuseppe Ballarin è stato trovato sugli scogli dell’isola di San Pietro, il cui più grosso centro è Carloforte.

Presentava ferite da taglio, segno che i flutti avevano sbattuto il corpo contro gli scogli; ma il medico di Carloforte dottor Felice Maurandi ha accertato che lo sventurato non era morto per annegamento, così come è risultato per tutti gli altri marittimi vittime del naufragio, i cui corpi, sono stati fin qui ripescati, bensì per assideramento.

E la morte dello sventurato è stata fatta risalire dal medico a 48 ore dopo il naufragio.

Il «Fusina», come noto, è finito tra i flutti nella notte tra venerdì e sabato della scorsa settimana; il Ballarin sarebbe morto, invece nelle prime ore di lunedì.

Una agonia straziante.

Questo nuovo tragico particolare concorda, del resto, con il racconto di Ugo Freguia, il quale rimessosi dallo choc ha detto di aver udito, mentre era esausto sulla spiaggia, per diverso tempo delle voci di un suo compagno che chiedeva soccorso.

Doveva sicuramente trattarsi del Ballarin.

Infatti anche il Freguia ha toccato terra nell’isola di San Pietro.

Giuseppe Ballarin, che aveva fatto il bagnino fino a qualche anno fa a Jesolo aveva raggiunto il «Fusina» in treno.

Partito da Jesolo era andato fino a Savona dove si era imbarcato per quello che doveva essere il suo ultimo viaggio.

Si apprende intanto che questa mattina un ispettore delle Poste e Telecomunicazioni, giunto da Roma, si è imbarcato sulla motovedetta CP 306 della Capitaneria di Porto di Cagliari, per effettuare accertamenti sui «coni d’ombra» delle radio costiere di Campumannu.

Da Roma sono giunti questa mattina carabinieri sommozzatori che, assieme ai «sub» del corpo dei Vigili del Fuoco di Cagliari, collaboreranno alla ricerca delle salme ancora mancanti dei marinai del «Fusina» il cui relitto non è stato localizzato.

Carlo Patrizi

GIUSEPPE BALLARIN, MARINAIO DI JESOLO
E’ morto sulla scogliera

Fra le nove salme dei marinai del «Fusina», fino a ieri sera recuperate ed identificate a Carloforte, c’è quella di Giuseppe Ballarin di 33 anni, imbarcato sul «cargo» affondato al largo della Sardegna sud-occidentale.

Per salire sul «Fusina» Giuseppe Ballarin era partito da Jesolo in treno ed aveva dovuto arrivare fino a Savona.

Prima di imbarcarsi, per quattro intere stagioni, il Ballarin aveva fatto il bagnino.

Qualcuno, fra i suoi ex colleghi, quando la notizia del naufragio è stata diffusa e si è saputo che sulla nave c’era anche lui, ha pianto.

Negli anni scorsi, infatti, Giuseppe Ballarin si era particolarmente distinto nel servizio sulla spiaggia.

Alcuni bagnanti devono al suo coraggio la vita.

Fra di essi anche degli stranieri.

La morte del Ballarin è stata particolarmente drammatica.

Lo desolano, come il cameriere del Lido Ugo Freguia, era riuscito a gettarsi in acqua prima che il «Fusina» affondasse ed era riuscito ad allontanarsi dal gorgo provocato dal mercantile che colava a picco.

Come il Freguia, Giuseppe Ballarin aveva nuotato a lungo, fino all’esaurimento delle proprie energie, riuscendo a raggiungere la riva.

E’ stato lo stesso cameriere del «Fusina» a raccontare di aver sentito la voce di Giuseppe Ballarin prima di toccar terra e perdere conoscenza.

E’ evidente che le onde hanno scaraventato il marinaio contro gli scogli; il suo corpo presentava infatti i segni dell’urto contro la roccia tagliente.

Giuseppe Ballarin come scriviamo in prima pagina, è poi morto per il freddo, quando già era riuscito a salire su uno scoglio, dove è stato trovato cadavere.

Pierina Ballarin, 33 anni, moglie del marinaio ha appreso la notizia della sciagura da un fratello che era stato informato da un compagno di lavoro.

Il matrimonio fra Pierina e Giuseppe era stato celebrato sette anni fa: dall’unione erano nate due bambine, la prima di sei anni e la seconda di due anni.

Da lunedì, quando la notizia del naufragio è giunta in casa Ballarin - a Jesolo, in via Lotto 17 - c’è una donna che non pronuncia una parola: è la madre ultranovantenne dell’ex bagnino morto in Sardegna.

Stamane i funerali di Renier

Alla mesta cerimonia interverrà il Sindaco - Un berretto blu da ufficiale deposto dai familiari sulla bara, nella chiesa del Patronato salesiano.

Questa mattina, alle 10,30, nella chiesa di San Francesco da Paola, a Castello, si svolgeranno i funerali di Giorgio Renier, direttore di macchina del «Fusina», 31 anni, celibe.

La salma del capitano Renier è arrivata ieri pomeriggio, verso le 14,30, ai Giardini, dopo un lungo, triste viaggio, accompagnata da due fratelli dell’ufficiale, morto dopo aver lottato per ore con il mare, quando già era vicino alla salvezza.

C’era una piccola folla ad attendere la bara, sulla quale i congiunti del Renier avevano deposto il berretto blu da ufficiale.

Si è formato un corteo che ha percorso il lungo viale dei Giardini, un pezzo di via Garibaldi, la Calle San Domenico, fino al Patronato dei Salesiani, nella cui chiesetta neogotica è stata allestita la camera ardente: i luoghi che avevano conosciuto i giochi di bambino di Giorgio Renier, i suoi sogni di allievo.

La bara è stata deposta davanti all’altare, con sopra la croce di garofani bianchi della mamma; accanto, una corona di fiori dei fratelli e dei cognati, e un’altra del Comune di Carloforte.

Poi, la voce si è sparsa per Castello, ed è cominciato un lungo, triste pellegrinaggio; erano parenti, amici, conoscenti, gente qualunque; pellegrinaggio culminato nella presenza di decine di persone a una messa che è stata celebrata alle 21.

Il silenzio della piccola chiesa era rotto, nel pomeriggio pieno di sole, da qualche singhiozzo appena soffocato, dalle preghiere recitate ad alta voce, dalle urla dei bambini, che fuori continuavano la loro partita a pallone, la sfida al calcetto, il torneo a ping-pong.

Ogni tanto ne entrava qualcuno: i più piccoli si fermavano sulla porta, un segno di croce, una preghiera a bassa voce, poi fuori di nuovo, pieni di un senso strano, mai provato, di timore, di stordimento; qualcuno dei più grandi si inginocchiava sui banchi, accanto alle donne del sestiere, ai familiari; con il pallone sotto il braccio, il respiro ansante, la maglietta ancora sporca di terra.

Da fuori, ogni tanto, arrivava il colpo sordo del pallone che sbatteva contro la facciata della chiesa, il grido di gioia per il gol… da quello stesso campo di povera terra appena battuta, come in tutti i patronati, che aveva visto tante volte Giorgio Renier impegnato nel gioco dell’infanzia, nelle discussioni dell’adolescenza e della giovinezza, che aveva sentito i suoi sogni di ragazzo.

Da questa chiesetta, Giorgio Renier partirà per il suo ultimo viaggio, stamattina.

Lo accompagneranno centinaia di persone: a rappresentare la città ci sarà il Sindaco, ci sarà il gonfalone di San Marco, scortato da vigili e valletti in alta uniforme.

Poi, sulle acque calme della laguna, Giorgio Renier raggiungerà San Michele.

Riposerà lì, il giovane ufficiale veneziano, accanto a un fratello, morto anche lui sul mare, accanto al padre, scomparso qualche mese fa.

 

Una delegazione del Consiglio comunale di Chioggia, guidata dall’assessore Fiorello Boscolo Cona, è stata ricevuta, a Roma, dal Presidente della Camera, Pertini, e dal Ministro per la Marina Mercantile, Vittorino Colombo.

La delegazione ha sollecitato una pronta inchiesta sull’affondamento del «Fusina», «severe sanzioni» contro eventuali responsabili, e il potenziamento dei mezzi di soccorso e di ricezione dei segnali di soccorso.

Accompagnavano la delegazione gli onorevoli Degan e Ballarin.

La delegazione ha ringraziato il Ministro per la tempestività con la quale ha disposto l’inchiesta sul naufragio.

Ieri, a Chioggia, il comandante in seconda della Capitaneria, maggiore Luigi Serafini, accompagnato dagli assessori Boscolo Caporale e Bivi, ha visitato le famiglie dei naufraghi.

Due sole salme di chioggiotti non sono state ancora ricuperate: quelle di Felice Spanio e del mozzo Angelo Barbieri, di Sottomarina.

Il sindaco Bighin è ancora a Carloforte per assistere alle operazioni di ricupero delle salme e alla loro identificazione.

Continua...

Fine settima parte - Articolo 19

 

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