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La tragedia del Fusina |
Settima parte |
Rassegna
stampa nazionale |
Articolo 09 |
VENEZIA NOTTE
martedì 20 gennaio 1970 |
INSPIEGABILI LE CAUSE DEL NAUFRAGIO AL LARGO DELLA SARDEGNA
IN FONDO AL MARE IL MISTERO DELLA "FUSINA" |
Un’ondata avrebbe
potuto far spostare il carico - Rotte le traversine della stiva? -
L’unico superstite non sa dare una spiegazione |
Nostro servizio,
Cagliari, 20 gennaio
Ugo
Freguia il marittimo veneziano unico superstite del naufragio della
motonave "Fusina" è ancora sotto la tremenda impressione della
tragedia che ha distrutto la vita dei suoi 18 compagni.
Parla, ma si comprende che parla come per liberarsi di un incubo, e
parla in maniera disordinata, caotica.
Tanto caotica che oggi ha modificato in parte la sua prima versione
dei fatti.
In un primo tempo Ugo Freguia aveva detto, tra l’altro, che la nave
si era repentinamente inclinata ed era affondata quasi subito.
O per lo meno tanto presto da non consentire nemmeno che si
calassero le scialuppe di salvataggio in condizioni utili.
Oggi il cameriere di bordo dice, invece: «A un certo punto il
comandante, visto che non si riusciva più a governare la nave ci ha
ordinato di indossare i salvagente, poi forse dopo mezz’ora o anche
un’ora, ci ha ordinato di buttarci in mare. I naufraghi si sono
allontanati dal relitto che stava affondando; la nave ha continuato
lentamente ad inclinarsi, quindi è stata inghiottita dal mare».
- Dove si trovava lei quando la nave dimostrava di non poter
resistere ai marosi?
«Ero in coperta; al momento dello sbandamento ero sotto coperta,
poi mi hanno chiamato su. Quando è stato dato l’ordine di buttarsi a
mare sono stato il terzo a tuffarmi. Mi sono allontanato rapidamente
con altri compagni, per il timore che i gorghi ci risucchiassero
assieme alla nave che affondava.
Per qualche tempo ho visto i miei compagni, poi li ho persi di
vista. Mi sono messo allora a nuotare dopo averli chiamati un po’
per sentire se rispondevano e un po’ per farmi coraggio...
Carlo Patrizi |
DRAMMATICHE
DOMANDE SULLE CAUSE DELLA TRAGEDIA
NESSUNO CAPTO’ L’S.O.S. LANCIATO NELLA NOTTE DAL CARGO |
La disperazione regna
nelle quattordici famiglie veneziane colpite dalla tragedia del
"Fusina" dopo il ritrovamento avvenuto ieri di quattro salme.
Fra queste quelle di un veneziano, il secondo ufficiale Giorgio
Renier, 32 anni, e di un chioggiotto il nostromo Duilio Padoan, 50
anni.
Le famiglie dei due scomparsi si sono chiuse in un profondo dolore.
Mano a mano che le ore passano la speranza di ritrovare qualcuno dei
dispersi ancora in vita si fa sempre più flebile.
Ancora dodici famiglie veneziane stanno vivendo ore d’incubo
nell’ansia dell’attesa di sapere qualcosa di avere notizie dei loro
congiunti.
Ma qualcuno comincia già a porsi delle domande: «Perché - si
chiede - è accaduta la tragedia? Perché le operazioni di soccorso
sono iniziate dopo tante ore dalla disgrazia? Perché i familiari
sono stati avvertiti con tanto ritardo?».
Per quanto riguarda la prima domanda le ipotesi che si fanno sono
due: che la nave abbia urtato contro uno scoglio semisommerso oppure
che il carico si sia spostato a causa del mare agitato.
Quest’ultima fu avanzata già nella serata di domenica dallo stesso
comandante Mario Borsani, dirigente dell’agenzia di Mestre della
Società Abruzzese di Navigazione, poco dopo aver appreso
dell’affondamento del cargo.
«Ma - avevamo chiesto al comandante in quella occasione - non
esistono dei particolari metodi di stivaggio per evitare proprio
questa eventualità?».
«Certamente - ci aveva detto il comandante Borsani - che esistono
e sono per l’appunto quei metodi disposti dal Registro Navale e che
erano adottati ovviamente anche sul "Fusina"».
A questo punto solo la commissione d’inchiesta disposta dal
Ministero della Marina Mercantile potrà raccogliere e vagliare tutti
gli elementi che in qualche modo possono dare una risposta a questo
tragico interrogativo.
I familiari delle vittime si chiedono anche il perché non ci si
accorse della tragedia in tempo utile per organizzare i soccorsi.
«La nave non è in contatto radio con la società armatrice?
- e ancora - Non ci sono delle stazioni di ascolto?
Possibile che non sentendo nulla nessuno si sia mosso?».
A queste domande purtroppo bisogna rispondere che non esiste alcun
obbligo per la nave di chiamare, esiste solo l’obbligo dell’ascolto
da parte delle stazioni radio, ma il centro radio delle poste di
Campu Mannu che per l’appunto è in ascolto 24 ore su 24, non ha
udito lo S.O.S., che è stato lanciato per ben due volte.
I tecnici hanno spiegato il fenomeno adducendo l’esistenza di un
cono d’ombra che rende pressoché impossibili le comunicazioni radio.
Una nave affonda a poche miglia dalla costa, sia pure in una zona in
cui le condizioni radio sono precarie, e nessuno si accorge della
tragedia, che avviene lì a due passi.
Solo fatalità?
Per quanto concerne la terza domanda cioè perché i familiari non
siano stati avvertiti prima, ma abbiano dovuto apprendere la notizia
dalla televisione ed in qualche caso dai giornali, bisogna
innanzitutto dire che questo compito non spetta alla Capitaneria di
Porto de Venezia.
I dirigenti della S.A.N.A. non appena avuta notizia del disastro si
sono subito messi in contatto con la Capitaneria di Porto di
Cagliari e di Carloforte, ma non riuscivano a credere che fosse
accaduto l’irreparabile.
Noi domenica sera eravamo là nella sede dell’agenzia in Corso del
Popolo.
«Può darsi che Freguia sia caduto fuoribordo e che in preda a choc
abbia detto che la nave è affondata», ci dicevano i funzionari.
E ancora:«Bisogna avere una qualche conferma prima di allarmare
inutilmente i familiari».
Poi verso mezzanotte le prime telefonate ai giornali di chi aveva
visto il telegiornale.
Ed allora cominciò la lunga serie di telefonate.
Bisognava annunciare la scomparsa di gente che si conosceva, di
amici, a volte mancava il coraggio, ma bisognava farlo.
Un compito molto ingrato.
Gustavo Bocchini |
I GENITORI
DEL SUPERSTITE
non hanno ancora parlato col figlio miracolosamente salvo |
«Dovremmo essere
contentissimi perché nostro figlio si è salvato - ci ha detto
Pasquale Freguia, il padre di Ugo, l’unico superstite del «Fusina»
- e lo siamo, è chiaro, ma la nostra gioia è turbata dalla spietata
sorte toccata ai compagni di Ugo.
Quando io e mia moglie pensiamo agli altri genitori ne vien un gropo.
Ci mettiamo nei loro panni e soffriamo con loro.
Il mio dolore è ancora più grande perché sono amico del padre di
Erminio Doria (anche loro abitano qui vicino); ci siamo trovati più
volte insieme, abbiamo fatto parecchie partite alle carte.
«Ieri ho ricevuto moltissime telefonate, tutta gente che si
congratulava.
Mio figlio però non mi ha ancora telefonato.
Mi ha parlato da Roma un altro nostro figliolo, Amedeo, 38 anni, che
è padre di due ragazzi e dirige in piazza Barberini l’Italbar.
«Ugo - ha insistito - telefona a papà».
Anche una mia nipote, Lina Stradiotto, figlia di una mia sorella e
che vive pure a Roma dove la famiglia ha una fabbrica di lampadari,
ha telefonato a mio figlio.
«Zio, stai contento - mi ha poi detto - Ugo sta bene. Non è più a
letto».
Difatti anch’io l’ho visto alla televisione. Perciò sono tranquillo.
Lui è un ragazzo piuttosto riservato, poi chissà da quanti sarà
interrogato in questi giorni.
Perciò capisco che non abbia tanta voglia di telefonare.
«Inoltre da qui è assai difficile mettersi in comunicazione con
Carloforte. Ieri sera è stato da noi Mario Brugnera che abita qui e
gioca nel Cagliari. Ha approfittato proprio della partita giocata a
Vicenza domenica ed è venuto a casa. Mi ha assicurato che oggi va a
trovare Ugo».
La nostra conversazione con Pasquale Freguia è finita.
Aspetta di mettersi in comunicazione con il figliolo. E deve badare
anche al proprio lavoro.
E’ un valido uomo di 71 anni, uno dei «ragazzi del ‘99» di quei
giovanissimi cioè che allora difesero la Patria sul Grappa e sul
Piave.
Anch’egli, come altri suoi coetanei, attende da tempo il Cavalierato
di Vittorio Veneto.
Abbiamo appreso intanto il riconoscimento Di Giorgio Renier, 32
anni, il direttore di macchina del «Fusina» e la cui famiglia
abita a Castello 481 in calle dietro il Corner di San Gioachino, è
stato effettuato oltre che dal Freguia anche dai due fratelli che si
sono recati - come abbiamo pubblicato ieri - in Sardegna.
Il corpo presentava alcune ecchimosi ed abrasioni.
Forse provocate dalla disperata lotta contro la morte mentre era
ancora sulla nave forse urtando contro gli scogli quando il Renier è
stato trascinato verso terra dal mare.
I suoi due fratelli attendono ora il nulla osta per poter portare a
casa la salma dello sventurato congiunto.
A Chioggia considerano fortunato un marinaio che faceva parte del
«Fusina» e che era sbarcato quattro giorni prima dalla nave.
Si chiama Paolo Tonello e il 29 dicembre, appunto quattro giorni
prima della partenza del cargo era sceso a terra.
Ha 30 anni ed è sposato con Jolanda Bacci ed ha una figlia, Susy di
6 anni.
Abitano in Corso del Popolo 1214.
Avrebbe dovuto sbarcare nel maggio prossimo ma durante l’ultimo
ritorno della nave a Venezia si era fratturato il dito di una mano e
aveva dovuto rinunciare a partire.
E’ stato un incidente veramente «fortunato».
Il Tonello era molto amico del nostromo Duilio Padoan e di Domenico
Bonaldo, due dei 18 dispersi.
Non sa spiegarsi come possa essersi verificata la tragedia.
«Il Fusina - ha detto - era una nave solida e soltanto le pessime
condizioni del mare ne debbono aver causato l’affondamento.
Penso che si siano rotte le traversine che bloccavano il carico e
che il minerale di blenda, spostatosi tutto da una parte abbia
provocato il rovesciamento del Fusina».
Giorgio Soligo |
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