A cura di Salvatore Borghero Rodin

     

 

 
 

A cura di Salvatore Borghero Rodin - Racconto a puntate sui principali eventi che hanno dato vita alla grande storia di Carloforte e dell'Isola di San Pietro

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16.01.2010 - Fusina - Nel 40° anniversario della tragedia che toccò il cuore dei Carlofortini
   

La tragedia del Fusina

Sesta parte

Rassegna stampa regionale veneta

Articolo 20

IL GAZZETTINO DI VENEZIA
giovedì 29 gennaio 1970
- Prima pagina + Pagina 5 -

L’articolo è annunciato da un piccolo trafiletto, di poche righe,
in prima pagina, nell’angolo in basso a destra:

Localizzato il relitto del «Fusina»

Al largo di Carloforte i sommozzatori hanno individuato a circa due miglia dalla costa il relitto del cargo veneziano affondato.

La nave giace su un fondale fangoso a circa 99 metri di profondità, inclinato su una fiancata.

(servizio a pag. 5)

Articolo a centro pagina 5, su tre colonne.

A NORD-OVEST DI CARLOFORTE
Localizzato con certezza il relitto del “Fusina”

Giace su un fondale fangoso a novanta metri di profondità

Nostro servizio
Cagliari, 28 gennaio

Longitudine 39 gradi 12’ 12” nord, latitudine 8 gradi 14’ est: una croce sulla carta nautica, indicazione ed assieme simbolo del naufragio del “Fusina”.

In quel punto, infatti, il mercantile italiano si inabissò, coinvolgendo nella sua fine quella di diciotto persone.

La localizzazione del relitto – di cui avevamo dato notizia, col dubbio, qualche giorno fa – è stata confermata.

Ugo Freguia, l’unico superstite del naufragio, (che è ormai considerato cittadino di Carloforte dalla popolazione che lo ospita), dopo aver riconosciuto i corpi dei suoi sventurati compagni, adesso riconosce i frammenti della sua nave.

Oggi era la prima volta che Freguia rimetteva piede su una imbarcazione, dopo la notte del naufragio.

Si è trovato a reperti del “Fusina”, fangosi e già intaccati dall’acqua di mare, ammucchiati a poppa del rimorchiatore “Atleta” che li aveva issati a bordo in mattinata.

C’erano parti di legno, di metallo e blenda ormai intrisa di fango, quella stessa che forse è stata la causa del tragico sinistro.

E si è avuta la conferma: (quel dieci per cento che, prudentemente ci si riservava) era proprio il cargo veneziano affondato, la massa ferrosa che era stata rilevata a due miglia e mezzo da Punta delle Oche, a nordovest di Carloforte.

Si era certi fin dall’altro ieri, sul punto in cui giaceva il relitto (dove la «Giomitto» - una nave partita sabato dalla Sardegna – aveva notato la chiazza di nafta); si era infatti localizzata la massa che aveva restituito alle navi militari gli echi dei sonar.

;a poteva trattarsi di un vecchio scafo di nave affondata durante la guerra.
Bisognava, quindi, controllare tutto attorno per escludere che ci fossero altri relitti.

Questo, in due giorni di duro lavoro, la «Scimitarra», l’«Andromeda» e l’«Altair», le tre unità della Marina Militare, lo hanno fatto.

Poi, per sicurezza, sono stati chiamati due aerei antisommergibili, che hanno ripassato di fino il lavoro fatto, a pelo di mare, confermando i risultati.
Infine è stato chiamato Vitiello.

Silverio Vitiello è un vecchio pescatore di Carloforte, conosce i fondali meglio di piazza Carlo Emanuele, è padrone di barche ed ha perlustrato ogni metro d’acqua attorno a Sant’Antioco, trovando alcuni dei corpi che sono stati recuperati.
La sua esperienza di fondali è stata decisiva, e così le telecamere, quando sono state immerse, hanno visto giusto in mezzo al fango, anche se non sono riuscite a leggere il nome scritto a poppa della nave.

Il “Fusina è nel punto segnalato, a novanta metri di profondità, con orientamento tra i 60-80 e i 240- 260 gradi.

La prua deve avere la prima direzione, cioè grosso modo, verso il quadrante di Nord Est.

Questo lo si può rilevare considerando che il relitto appare inclinato sul lato dritto, cioè all’opposto rispetto al vento di maestrale che sospingeva le onde sulle murate di sinistra, mentre la nave viaggiava verso il Nord.

Sembra dunque – ma questo lo appurerà la commissione d’inchiesta – che il mercantile abbia proprio “ingavonato” per lo spostamento del carico di blenda, forse umida più del consentito, e quindi ridotta ad una poltiglia fluttuante nelle stive.

Ugo Freguia, nel mettere piede sul rimorchiatore che rollava a causa del mare di nuovo battuto dal maestrale, ha avuto un attimo di incertezza: la stessa atmosfera della sua nave, il ponte di metallo con la ruggine del salso, i cavi, gli uomini uguali a tutti i marinai del mondo.

Poi si è avvicinato, con una certa emozione, ai reperti del “Fusina” e li ha osservati, cercando di collocarli come parti di un mosaico di tremila tonnellate scomparso tutt’assieme, alle 22,30 di quindici giorni fa e ora emergenti – legno, vernice di carena, blenda – come frammenti di uno scrigno che custodisce gli elementi di una tragedia di cui, adesso, si può sperare di conoscere la causa.

Restano ora, ancora da trovare, i corpi di cinque marinai del “Fusina”.

Li cercano sempre, lungo le coste e al largo, ma Dio solo sa dove possono essere.

D.S.

Continua...

Fine sesta parte - Articolo 20

 

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