Di Annamaria "Lilla" Mariotti
L’arrivo a
Carloforte in traghetto è sempre un’esperienza gioiosa,
la città che si avvicina a braccia aperte, il traghetto
che ruota su se stesso in un valzer vorticoso per
raggiungere l’attracco, tutto questo va vissuto sul
ponte, affacciati fino all’ultimo momento per rivedere
le case colorate, i ficus e le palme sul lungomare, la
statua di Carlo Emanuele III e per riempirsi gli occhi
prima ancora di scendere, ma non quest’anno. Al mio
arrivo a Carloforte, il 10 Marzo 2005, il cielo plumbeo
e l’aria gelida consigliavano di restare al coperto e di
scendere in fretta alla macchina, chiedendosi cosa fosse
successo alla radiosa città, che pure avevo già visto
anche d’inverno. Dopo qualche giorno alcuni anziani mi
hanno detto che, a memoria d’uomo, nessuno ricordava a
Carloforte un inverno così rigido che aveva persino
portato la neve. Beh, mi era toccata anche questa
esperienza.
Il mio
programma era quello di prendermi una vacanza dopo aver
terminato un libro sui fari, un lavoro che mi aveva
tenuta impegnata per tutto l’inverno, ma dopo il recente
gemellaggio tra le nostre città, formalizzato nel
Novembre del 2004, le Amministrazioni Comunali hanno
pensato che avrei potuto approfittare della mia
permanenza “into u pàise” per fare una conferenza sulla
tonnara di Camogli, che si sarebbe tenuta sabato 12 alle
ore 18 presso l’Oratorio M. Ghiga. Mi sono preparata
all’evento con il mio entusiasmo di sempre, ma
l’entusiasmo dei Carlofortini è stato più grande del mio
e mi ha sopraffatta. Nello stesso pomeriggio del mio
arrivo Lorenza Garbarino di “Radio San Pietro” mi ha
incontrata nel mio albergo per un’intervista che sarebbe
andata in onda la domenica seguente. Ancora un po’
stordita per il lungo viaggio, ho risposto alle domande
dell’intervistatrice, e alla fine mi sono resa conto che
la nostra chiacchierata era durata più di un’ora.
Poi
finalmente fuori, a respirare l’aria frizzante, ad
ammirare il nuovo lungomare orami completato da tempo e
ad evitare le buche nell’asfalto che si trovano subito
al di fuori della parte nuova. A questo inconveniente
stavano però già mettendo rimedio prima della nostra
partenza. I Carlofortini sono entusiasti di questo
gemellaggio ed in realtà due città non potrebbero essere
più simili. Carloforte è un’isola, è in mezzo al mare,
non ci si passa per caso, bisogna andarci, ma anche
Camogli è, a suo modo, un’isola sulla terraferma,
tagliata fuori com’è dalla principali vie di
comunicazione, per arrivarci bisogna deviare
dall’Aurelia e percorrere l’unica strada che la collega
con il resto del mondo, anche di qui non si passa per
caso. Queste due città, che io ho chiamato cugine nel
mio libro, sono unite anche da altre caratteristiche :
il dialetto e la tonnara. Il “tabarchino”, parlato da
tutti, è ormai diventata une vera e propria lingua
conservata gelosamente, un genovese arcaico, con una
cadenza particolare che non ha uguali neppure nella
città madre che ha dato origine a quella stirpe di
pescatori di corallo e di uomini di mare, origini di cui
sono orgogliosi e che non dimenticano, tanto da aver
accolto con grande entusiasmo e orgoglio la nomina di
Carloforte a Comune Onorario della provincia di Genova.
Un discorso a parte merita la tonnara, una delle ultime
ancora in funzione in Italia, insieme a quella di
Camogli, eppure i due impianti sono diversissimi, grande
trappola per i giganteschi tonni rossi quella di
Carloforte, piccola tonnara quella di Camogli che ormai
tonni non ne vede più da molto, molto tempo.
Il
giorno seguente al mio arrivo la maestra Margherita
Crasto mi ha invitato alla scuola elementare dove ho
incontrato gli alunni di due classi della terza, insieme
ad un’altra maestra, Mariacarla Siciliano. Due classi
numerose con tanti bimbi attenti ai quali ho raccontato
la storia di Camogli, della sua evoluzione nel tempo,
delle sue avventure sul mare, della sua pesca. Alla
fine, i bambini mi hanno cantato una canzone in
tabarchino composta dalla maestra Crasto e uno mi si è
letteralmente buttato tra le braccia per ringraziarmi a
nome di tutti.
Poi
è arrivato il giorno fissato per la conferenza ufficiale
che dovevo tenere nell’ambito delle manifestazioni per
il gemellaggio, sabato 12 Marzo. All’Oratorio ho
incontrato l’assessore alla cultura, Sig.ra Elena Luz
Castano, che mi aveva già fatto una splendida
accoglienza il giorno precedente, e alle 18, ho iniziato
a parlare, mentre dietro di me scorrevano le immagini di
un CDRom che avevo preparato per l’occasione. La sala
non era affollata, ma era anche molto grande e,
purtroppo, gelida, comunque mi hanno detto che c’erano
almeno trenta persone, il che non è poi male. Alla fine
della conferenza il vicepreside del Nautico, Nicolò
Capriata, mi ha invitato ad incontrare gli studenti del
suo istituto il martedì seguente.
Intanto il
clima si era addolcito e Carloforte sorrideva al primo
sole primaverile e la gente sciamava per le strade, fino
a pochi giorni prima deserte ed io ho potuto anche
godermi il sole sugli scogli del Geniò, senza però avere
il coraggio di avvicinarmi all’acqua. Poi c’era la
mitica esperienza serale dell’incontro con il cibo in
uno dei più rinomati ristoranti sul lungomare, ora una
frittura, ora un dentice alla griglia, un’altra volta un
incontro ravvicinato con una gigantesca zuppa di pesce,
una serie di squisitezze diverse ogni sera, accompagnate
dal giusto vino e seguite dal classico bicchierino di
mirto. Ed era una meraviglia essere quasi sempre soli al
ristorante, poter chiacchierare con il proprietario, con
i cuochi ed il cameriere, essere coccolati, vezzeggiati.
Così
quella che doveva solo essere una vacanza fuori stagione
si è trasformata in una piacevole serie di incontri con
persone sempre più interessanti ed in sorprese sempre
più piacevoli. La cosa che più mi ha colpito è che tutto
questo si è svolto senza stress, senza quel correre
affannoso che normalmente va di pari passo con una serie
di attività ravvicinate, anzi, al contrario, regnava la
calma più assoluta, come si conviene alle abitudini “du
pàise” dove il tempo hai dei ritmi tutti suoi.
Simone
Repetto, della Nuova Sardegna, mi aveva dedicato un paio
di articoli sul suo giornale “La Nuova Sardegna”, ma la
ciliegina sulla torta è arrivata il venerdì seguente,
quando Titino Opisso, conduttore della TV locale “Tele
Maristella”, ha organizzato la registrazione di due
puntate della trasmissione “Carloforte racconta”
richiedendo la mia presenza. Queste sono state
effettuate presso il Museo di Carloforte, quel piccolo
gioiello, custodito con amore ed alloggiato nella più
antica costruzione della città, il castello, o meglio,
il posto di guardia, che risale ai tempi del primo
insediamento dei Carlofortini. Qui si erano riuniti il
vecchio Rais della tonnara Antonio Rivano, il
Presidente
del Museo Luigi Pellerano e l’Assessore alla Cultura
Elena Castano e, dopo alcune parole di saluto e di
introduzione, ci siamo avvicinai al modello delle
tonnara, che si trova in una sala del Museo, dove io ed
il Rais ci siamo divertiti a raccontarci le differenze
tra le nostre tonnare, le diverse tipologie di pesca, le
diverse terminologie, i diversi rituali, insomma, tutto
quello che differenzia la tonnara di Carloforte da
quella di Camogli e devo confessare che in qualche
momento mi sono sentita un po’ intimidita di fronte a
quell’uomo che aveva acquisito la sua grande esperienza
lottando faccia a faccia con i più grandi tonni del
Mediterraneo.
E anche il
giorno della partenza doveva arrivare, un’esperienza
sempre triste che mi trovo a rivivere ogni volta che
lascio questo paradiso. Ero arrivata d’inverno e
ripartivo in primavera, ed il tutto era durato solo
dieci giorni, ma era stato un periodo intenso, pieno di
cose nuove, ben diverso dalla solita vacanza estiva dove
il protagonista è il mare, qui i protagonisti erano
stati la città ed i suoi abitanti e per la prima volta
partivo felice, io amo vivere esperienze diverse,
conoscere cose nuove e questa volta avevo raggiunto in
pieno il mio obbiettivo.
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