Signor Direttore,
non scrivo soltanto
come amico dei capitani Renier e Doria, ma come Direttore di zona
della Società Nazionale di salvamento, ente morale che si occupa
della salvezza in mare. Ho seguito, con i direttori delle mie
sezioni, le cronache della recente tragedia del «Fusina» e, in modo
particolare, i commenti del giornalista Dino Sanna.
Al di là della
personale e commossa partecipazione a tanto dolore, resta un senso
di impotenza per quanto è avvenuto dovuto alla mancanza, in molte
località, di adeguate attrezzature per il salvataggio delle vite
umane.
Quando l’episodio
del «Fusina» sarà uscito dalle cronache (ma ne resteranno le croci)
forse avremo sulle coste sarde qualche stazione radio in più, ma le
carenze sono troppe perché in un prossimo futuro vengano ovviate del
tutto.
L’ente al quale
appartengo, di importanza nazionale, fa quel che può per istruire
personale di salvataggio; indice corsi per bagnini, collabora con
Capitaneria di Porto e con autorità e promuove varie iniziative
anche se non dispone che di pochi mezzi nautici e di altra natura e
quei pochi è spesso costretto a farli gestire da terzi.
Non rimane perciò
da parte nostra che chiedere agli organi preposti a questo scopo - e
che non vivono come noi in quanto ente morale, degli oboli di ditte
o privati interessati in qualche modo alle attività marinare, ma
contano su regolari bilanci con precisa destinazione economica - a
intervenire con mezzi sempre più moderni e adeguati perché fatti del
genere non si ripetano più.
Bruno Bianco
Direttore di zona della Società Nazionale di Salvamento.
Venezia |