A cura di Salvatore Borghero Rodin

     

 

 
 

A cura di Salvatore Borghero Rodin - Racconto a puntate sui principali eventi che hanno dato vita alla grande storia di Carloforte e dell'Isola di San Pietro

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16.01.2010 - Fusina - Nel 40° anniversario della tragedia che toccò il cuore dei Carlofortini
   

La tragedia del Fusina

Sesta parte

Rassegna stampa regionale veneta

Articolo 06

IL GAZZETTINO DI VENEZIA
martedì 20 gennaio 1970
- Prima pagina -

In 1a. pagina ci sono 3 articoli, sul Fusina – più il comunicato Ansa - e in alto a destra su una larghezza di 4 colonne, la cartina della zona del naufragio. A pag. 3 un altro articolo

Il terzo articolo, a due colonne, a fondo prima pagina,
sotto la foto di Ugo Freguja, firmato da Sandro Rizzi, è intitolato:

Perchè?

Venezia, 19 gennaio

Ancora una tragedia del mare, che ci tocca da vicino. Gli uomini del «Fusina» erano tutta gente di casa nostra: veneziani, chioggiotti, sottomarinanti, triestini, «lavoratori del mare» che trascorrono gran parte della loro vita lontano da casa, su acque spesso infide, in balia delle forze irresistibili della natura.

Che cosa li ha traditi? Un carico mal sistemato nella stiva, che un’ondata più forte delle altre ha fatto paurosamente sbandare; uno scoglio appuntito o un relitto? O l’impossibilità di essere ascoltati mentre invocavano aiuto via radio e la nave lentamente affondava? Nel racconto dell’unico superstite si parla del carico che si è mosso nella stiva, ma Ugo Freguja ha narrato anche che il marconista ha lanciato due volte l’SOS, che sono stati sparati i razzi, gettate in acqua le polveri fosforescenti; gli uomini in pericolo hanno dunque chiesto aiuto, ma erano in una «zona d’ombra», attraverso la quale i messaggi radio non riescono a passare, e dalla costa nessuno, nella sera avrà visto il lampo di quei razzi. La «zona d’ombra» può giustificare tante morti?

Soli, paurosamente soli, gli uomini della "Fusina", a due passi dalla salvezza. Perché?

E’ possibile (e lo chiediamo ai tecnici, a coloro che hanno nelle loro mani la vita degli uomini del mare) che oggi non si riesca a rimediare alle difficoltà di una zona d’ombra, magari installando un ripetitore? Eppure ci risulta che nella stessa zona, sempre battuta dal vento, i naufragi non sono infrequenti.

Soli, gli uomini della «Fusina» con la nave che imbarca acqua perché il carico, incompleto, bagnato (come racconta il superstite) è stato più forte delle paratie.

Ecco una possibile causa del naufragio.

E allora ci si chiede perché la nave sia salpata con il carico non sistemato secondo le regole che certamente sono molto severe.

Diciotto uomini sono morti perché una nave è affondata a poche miglia dalla costa: uno solo si è salvato ed ha fornito una prima versione, con ancora negli occhi l’incubo di quelle ore terribili, con negli orecchi le urla dei suoi compagni.

Sembra di leggere un romanzo d’avventure, con un naufragio di un veliero: eppure è cronaca di venerdì scorso. Di venerdì scorso, ripetiamo: e della sciagura si è saputo soltanto domenica sera, tardi. Ecco un altro perché. Il naufragio è avvenuto vicino alla costa, la nave era partita da poco ma sabato nessuno ha saputo niente. Si è dovuto scoprire il naufrago, domenica, per avere la notizia e ieri mattina, lunedì, il compito triste di avvertire qualche famiglia, è toccato ai nostri cronisti: nessuno lo aveva fatto prima, e non tutti avevano visto il telegiornale.

Siamo nel 1970, in un’era in cui le comunicazioni, a tutti i livelli, conquistano primati di giorno in giorno. Vediamo, in diretta, il primo uomo che scende sulla luna, ma non riusciamo a pochi chilometri ad ascoltare l’appello disperato di una nave che affonda.

Sandro Rizzi

Continua...

Fine sesta parte - Articolo 06

 

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