Venezia, 19 gennaio
La tragedia del
«Fusina» non ha eguali nelle vicende della marineria veneziana nel
dopoguerra: 14 dispersi (e le speranze ormai sono pressoché nulle)
non si erano mai dovuti registrare negli ultimi vent’anni a Venezia.
Anche il disastro
della «Luisa» esplosa nel Golfo Persico cinque anni fa, aveva fatto
soltanto quattro morti tra i marittimi veneziani.
A ventiquattro ore
dalle prime notizie, l’angoscia di una città intera (e con essa di
tutta Chioggia e di Mestre e dei paesi dalla terraferma) non si
ferma a un senso di sgomento, di incredulità: si concretizza in
domande.
Una fra le altre,
imperiosa: come mai?
Certo, ci sarà
un’inchiesta e soltanto quella darà la risposta definitiva.
Per adesso, troppo pochi elementi sono stati raccolti, troppe poche
cose ancora si sanno.
Ma è sintomatico che a Venezia, sia tra i tecnici che tra la gente,
si parli poco di fatalità e tanto di cause che sottintenderebbero
una o più responsabilità.
Se ne è fatto
portavoce anche il sindaco, in una sua dichiarazione in cui chiede
un accertamento «fino in fondo» da parte delle autorità competenti.
Il perito navale capitano di vascello Mario Giugovaz ha detto che, a
suo avviso, il naufragio della motonave «Fusina» si può ipotizzare
come conseguenza di un non accurato carico della blenda.
Si deve infatti
tener conto che un materiale così pesante occupa uno spazio relativo
e, data la capacità della stiva della nave, queste, con ogni
probabilità erano solo parzialmente piene; con il rollio, tutto ciò
diventa pericoloso in quanto il carico è sollecitato a spostarsi
verso la parte della nave che sbanda.
Può darsi – ha
aggiunto il comandante Giugovaz – che nel corso di un’accostata per
correggere la rotta o per portarsi in posizione favorevole rispetto
al mare agitato, la nave sia «ingavonata» (ossia non abbia più
obbedito al timone) provocando una sbandata che forse si sarebbe
potuta equilibrare agendo rapidamente sui doppi fondi e sulle
«tanche» del combustibile.
Renato Toffolo
proprietario di un cantiere navale veneziano, ha anch’egli affermato
che l’unica causa – a suo parere – è stato uno sbandamento del
carico.
Esistono delle
particolari precauzioni, sancite da regolamenti della Convenzione di
Londra e del Registro navale italiano, sul modo di caricare una nave
con certi materiali.
Può succedere – ha detto – che anche se queste norme sono state
rispettate, il mare grosso faccia spostare il carico, inclinando la
nave, indipendentemente dalla qualità del piroscafo.
Non sappiamo come
il carico di blenda fosse stato stivato: si può pensare anche che
un’avaria al motore o al timone abbia lasciato la nave in balia
delle onde, ma la prima ipotesi è proprio quella del carico: un suo
sbandamento ha causato l’affondamento del «Fusina».
Un ingegnere navale
dei Cantieri «Breda» ha detto di non sapere come fosse costruita la
«Fusina» e quindi di non poter dire se essa potesse aver qualche
difetto.
Comunque – ha detto – penso ad uno stivaggio difettoso del carico di
blenda. Molto probabilmente, se è andata così, a una prima grossa
ondata che ha messo la nave inclinata, ne è successa una seconda,
che ha dato al carico già sbilanciato il colpo decisivo, che si è
naturalmente ripercosso sulla stabilità della «Fusina».
Un capitano,
diplomato al Nautico di Venezia, ha fatto l’ipotesi che il carico
non fosse stato caricato nella stiva con tutte le cautele del caso.
«La blenda – egli ha dichiarato – va stivata come in cassoni,
creando cioè delle divisioni sia in senso orizzontale che in senso
verticale, per evitare sbandamenti.
Forse ciò non è stato fatto sul «Fusina»; in queste condizioni,
un’ondata è estremamente pericolosa: essa può fare slittare una
parte del materiale, provocando una inclinazione della nave.
Una seconda ondata può far inclinare il piroscafo oltre il limite di
sicurezza, e causarne l’affondamento.
Forse tutto sarebbe andato bene se il «Fusina» non si fosse trovato
ad affrontare un mare grosso.
Quanto al perché di un carico fatto senza il necessario
ingabbiamento, - se così è stato – posso pensare che ci fossero
motivi di portare a compimento in fretta il viaggio, forse anche per
vincere la concorrenza».
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