La
storia del Monumento, dedicato al Re Carlo Emanuele III, che i
Carlofortini chiamano amichevolmente “Pittaneddu”, è strettamente
collegata alle vicende delle incursioni barbaresche ed in
particolare alle trattative che il Capitano della Regia Marina, il
cavalier Giovanni Porcile, condusse con il Bey di Tunisi tra il 1750
ed il 1755, arrivando ad ottenere uno scambio tra schiavi cristiani
e schiavi maomettani.
Tale tragedia avvenne nel Giugno del 1741 nell’Isoletta di Tabarca,
patria dei primi abitanti di CarloForte, quando i pirati tunisini
resero schiavi circa 750 persone in seguito all’occupazione.
Fin dal 1773 ai Carolini venne l’idea di erigere un Monumento di
marmo, raffigurante colui che ha avuto un gran merito affinché
riuscisse la colonizzazione dell’isola di San Pietro e la relativa
fondazione di Carlo Forte.
Pensarono oltre ad una grande statua, anche, qualora non vi fossero
state le possibilità economiche, ad una più piccola da inserire in
una nicchia; ma il buon senso e soprattutto l’operato di persone
influenti nella comunità Carolina, optarono per la realizzazione del
gruppo che tuttora si trova nella Marina.
Con il passare degli anni, siamo nel 1775, durante i quali la
comunità Carolina, che non nuotava certamente nell’oro, cercava di
mettere insieme la somma per il raggiungimento dell’obiettivo.
Da
ricerche effettuate, si ha conoscenza che nel 1778, l’autore del
disegno preparatorio per l’incisione con il Monumento intitolato:
“Monumento eretto dai Tabarchini in Carloforte nell’Isola di San
Pietro in Sardegna alla gloriosa memoria del Re Carlo Emanuele III”
è opera dello scultore Valperga e dall’analisi della carta si può
affermare con certezza che fin dall’origine il Monumento prevedeva
le tre statue separate tra loro, e non sullo stesso piano come si
pensa fosse all’origine da alcuni autori.
Le prime trattative per la costruzione furono avviate con lo
scultore Giò Francesco Silici di Carrara, il quale chiese come
compenso 700 zecchini.
Il prezzo parve al Porcile troppo alto e così si rivolse tramite i
suoi agenti in Genova signori Pagano, ad un altro scultore, sempre
di Carrara tal Carlo Cacciatori, che chiese 4.000 Lire, ma anche
queste trattative fallirono per il prezzo considerato ancora troppo
alto.
La comunità Carolina allora, sempre per il tramite del Capitano
Porcile, decideva che quel lavoro fosse eseguito a Genova, dove
risiedevano i Pagano, e questi si rivolgevano allo scultore Bernardo
Mantero, passandogli l’ordinazione coi rispettivi disegni e partendo
da una cifra base di 2.000 Lire sarde.
Da
altre ricerche, risulta che al Mantero fu commissionata la sola
statua del Re che egli eseguì tra il 1784 ed il 1786.
Ultimata la lavorazione, con una spesa, che nel frattempo era salita
a 2.770 Lire, si provvide ad inviarla a destinazione con lo
sciabecco del Porcile denominato Santa Barbara e comandato dal
patron Antonio Capurro.
Finalmente il 16 Luglio del 1786, la statua fu eretta nella Piazza,
con grandi festeggiamenti.
Il Monumento, però, era ancora incompleto perché mancavano le due
statue laterali raffiguranti uno schiavo africano e una schiava
tabarchina, entrambi inginocchiati in atto di ringraziamento per la
libertà conquistata.
Il gruppo marmoreo e le iscrizioni furono posti due anni dopo, nel
1788, quando il Duca di San Pietro Don Alberto Genovès, con atto di
munificenza ed in memoria del padre Don Bernardino, si accollò la
spesa per il completamento, che verosimilmente fu completato dallo
stesso Mantero; mentre non si ha notizia dell’autore delle due
iscrizioni.
Giova ricordare che alle spese del Monumento contribuì, oltre a
tutta la popolazione anche un altro carlofortino, certo Lorenzo
Repetto, come spiegheremo più avanti nella cronologia storica.
È da notare, infine, che il Monumento completo fu eretto nel
cinquantesimo anniversario della fondazione di Carloforte.
|