Premessa
Il mio amico di
Carloforte che vive su un piedistallo mi ha mandato queste
poche righe con le sue solite lamentazioni... in sostanza
dice che lo trattate con poco rispetto e soprattutto non
lo salutate mai quando lo vedete e a lui questa cosa da
molto fastidio.
In sostanza
bisogna riconoscergli che essendo una persona piuttosto
anziana, se proprio non lo salutate per il piacere di
farlo, dovreste almeno salutarlo per educazione, visto
oltretutto la sua veneranda età...
Io ogni tanto
lo saluto e con me ogni tanto si fa sentire... ecco il suo
ultimo scritto:
Io me
ne intendo di sguardi
Lo so che dopo
tante vasche, voi, a forza di passare non mi guardate più.
Io invece, che non ho altro da fare, vi guardo sempre.
Sapeste quante volte vi ho osservato in tutti questi anni!
Ormai non avete più segreti per me che vi guardo quando
partite e quando arrivate.
Magari dite ai vostri amici:
"Per quest'anno è finita, è ora di tornare a casa..."
Lo dite come se fosse una cosa normale, una cosa che ti
tocca solo un pò, ma dopo, quando è ora, salite sul
traghetto e appena la schiuma delle eliche si frange sul
molo vi girate e quella finta espressione è scomparsa...
Voi non potete guardarvi, ma avete tutti lo stesso sguardo
quando partite.
Lo so... in quel momento siete ladri... rubate ogni odore,
ogni immagine, ogni dettaglio, ogni colore come se fosse
l'ultima cosa che potete afferrare per portarla via. E il
ponte che trema sotto i vostri piedi è appena sufficiente
a coprire quella sensazione di vuoto allo stomaco. E anche
il salmastro che impregna le banchine del traghetto
diventa un bel ricordo da conservare.
E non entrate subito dentro nel salone come fanno i
pendolari di Portovesme ma state fuori a guardare l'Isola
che si allontana e dite che lo fate perché vi piace vedere
il contorno dell'Isola Piana... bugiardi.
Forse passerà solo qualche mese o addirittura un anno, ma
dentro vi sentite come tanti che ho visto emigrare con lo
sguardo spento perché non sapevano quanto tempo sarebbe
passato prima di riuscire a tornare.
Voi non vi vedete in faccia quando scendete dal traghetto,
cercate di fare la solita faccia con cui vi trascinate
fino al lavoro, e simulate un'abitudine come se scendere
su questa banchina fosse cosa di tutti i giorni. Ma dentro
di voi che voi nascondete le vostre emozioni dietro agli
occhiali da sole.
Vedo il bambino che scenderebbe correndo, come allora, da
ragazzini, quando venivate a fare il bagno alla marina
davanti al distributore.
Avete una piega sul viso che cercate di dissimulare,
cercando di comportarvi come attori consumati perché
temete che un'emozione così forte possa trasparire.
Forse avete paura che gli "altri", quelli che stanno li
tutto l'anno, possano ridere della vostra emozione, ma
qualcosa in voi esplode e si emoziona all'idea di posare
le valigie, mettervi i pantaloni corti e correre in
spiaggia per sentire la sabbia che entra nelle ciabatte
sotto la pianta dei piedi...
E anche se vostra moglie vi dice che dovreste prima aprire
la valigia non ve ne importa niente perché pensate che di
tempo per aprirla ce ne sarà tanto dopo, e adesso siete
troppo felici per perdere tempo con una valigia.
Prendete giusto il costume l'asciugamano, i pantaloni
corti e le ciabatte, mentre la roba "da città" vola sulla
sedia da cui forse solo vostra moglie la toglierà.
E l'unica cosa che vi interessa, è fare sapere a tutti gli
altri che siete li, che siete arrivati, che vi sentite di
nuovo vivi e che stasera a fare la solita vasca, con i
saluti, ci metterete molto più tempo del dovuto.
La prossima volta che fate una vasca, almeno salutate
anche me.
Perché voi a volte non lo ricordate, ma io vi vedo, e per
me non avete segreti.
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