Tutte le volte che vado al mare mi succede sempre la stessa cosa.
Arrivo li, sto sdraiato un poco al sole, faccio un bagno magari un giro con la maschera e il boccaglio, poi la noia mi spinge ad alzarmi e ad andare sulla banchina del primo porto e mi metto a camminare guardando le barche.
Qualche anno fa facevo la stessa cosa a Carloforte.
Mentre camminavo sul lato a Nord del porto, sulla banchina vicino al porto dei pescatori, una vecchia barca di legno con lo scafo verniciato di nero ha attratto la mia attenzione.
Era una vecchia barca “Carlofortina”, come quelle dei pescatori che avevo tante volte osservato durante la mia infanzia.
L’armo per la vela latina, la fiancata bassa che serviva ad aiutare a tirare su le reti e le nasse.
Eppure ogni particolare della barca che stavo osservando mi diceva qualcosa.
Mi ricordai una storia sentita da un amico.
Raccontava come, anni prima, proprio li a Carloforte ci fosse un cantiere dove uno degli ultimi maestri d’ascia costruiva barche in quel modo.
C’erano un bambino e suo nonno che andavano ogni tanto ad osservare il lavoro di questo uomo, agli occhi del bambino quello sembrava un luogo di magia, in mezzo alla segatura, ai trucioli di legno c’era questo uomo enorme che brandendo un'ascia era capace di creare, dalle nude tavole di legno, un oggetto grande e maestoso come una barca.
Il bambino ogni volta osservava il maestro brandire l’ascia nell'aria e, con un colpo preciso calarla vicino al piede asportando pezzi, trucioli e scaglie e ad ogni colpo, come per magia, quel legno sembrava sempre meno legno e sempre di più una barca.
Un giorno il nonno ed il bambino andarono al cantiere e il maestro stava tagliando su una grossa e rumorosa sega a nastro un pezzo di legno più grande e più lungo degli altri, non c’era niente nel cantiere solo poche assi per terra.
Stupito di quello che vedeva il bambino non riusciva a capire allora il Maestro gli disse:
"Vedi con questo legno sto per iniziare una nuova barca questo pezzo che sto tagliando è la chiglia, la base e la spina dorsale dell’ultima barca che voglio costruire che dovrà essere più grande di tutte quelle che ho fatto fino ad oggi..."
Il nonno allora disse al bambino:
"Vedi questa barca la stiamo costruendo per te..."
Agli occhi del bambino quella cosa sembrò incredibile.
Un giorno avrebbe avuto la sua barca.
L’ultima costruita da quel maestro, e la più grande di tutte.
E da allora, non passò giorno che il bambino non prendesse la sua bicicletta per andare a vedere i lavori della sua barca.
E non c’era argomento o situazione che impedissero al bambino, magari anche solo da fuori, o da un buco in mezzo ai legni della porta del cantiere di andare a vedere come proseguivano i lavori.
Talvolta il maestro prendeva un pezzo di legno sul quale tracciava dei segni a matita e diceva al bambino cosa fare e lui stava li, ore e ore, con la sua lima a fare il suo pezzo...
E il tempo passava e la barca cresceva.
La chiglia, le ordinate, i fasciami… la barca prendeva sempre più forma…
Fino al giorno in cui gli montarono l’elica e il motore e fu pronta per scendere in acqua.
Quel giorno il bambino si presentò al cantiere, pronto a salire sulla sua barca.
Allora il maestro gli disse:
"Vedi, purtroppo non possiamo più darti questa barca, un signore ha voluto comprarla, cosi ora tu non puoi più averla..."
Il bambino corse a casa piangendo dal nonno, il quale cercò di spiegargli cosa fosse successo.
Ma il bambino, troppo piccolo per capire le cose dei grandi, capiva solo che quell’uomo si era portata via la sua barca.
Passò qualche anno e quel bambino andò via da Carloforte.
Ma mai dimenticò in cuor suo la “sua” barca.
E promise a se stesso che un giorno quella barca sarebbe stata sua.
Il bambino andò a vivere in un posto dove non c’era il mare.
E crescendo, anche se vedeva il mare raramente, tutte le volte che passava vicino a un porto il suo pensiero correva alla sua barca e guardare le altre ormeggiate nei moli era un scusa per cercare la sua.
Passarono ancora altri anni finché un giorno in un lago vicino a casa il bambino, ormai grande, vide una barca abbandonata mal riparata sotto un telonaccio sporco e bucato.
La barca era vecchia e sporca, eppure qualcosa si muoveva nella testa di quel ragazzo che sapeva che era arrivato il momento di mettersi a fare la “sua” barca.
Cominciò a dedicare, alla barca che aveva comprato, ogni momento del suo tempo libero.
Certo il lavoro era duro ed era tanto, ma ad ogni momento speso a pulire, a lui sembrava che gli si riaprisse il cuore. E alla sera quando guardava il lavoro fatto nella giornata gli sembrava sempre di più che ne valesse la pena.
E passarono i sabati e le domeniche finche venne il giorno che finirono i lavori e la barca fu pronta per la sua prima gara.
Ma la gara non era importante, era solo la scusa per mettere in acqua la barca. E così fu.
Alla fine una persona si avvicinò e chiese se si poteva comprare la barca.
La barca era in acqua e il signore ed il ragazzo ci salirono sopra.
Quando il ragazzo vide con quanto entusiasmo l’altra persona trattava la barca e come la magnificava, non capì perché ma senti l’impulso di dargliela.
Non riusciva a capire il perché , ma qualcosa nel suo cuore gli diceva di farlo e lo fece.
C’era una domanda che voleva una risposta.
La “sua” prima barca gli era stata portata via.
E adesso la sua barca la stava dando lui a un altro.
Il nonno che non c’era più ed anche il vecchio maestro era ormai mancato da anni.
A chi si sarebbe potuto fare questa domanda?
Passò altro tempo e il ragazzo continuò ad andare al lago dove aveva comprato un’altra barca, da rimettere a posto.
Un giorno ci stava lavorando sopra come al solito e gli si avvicinò un ragazzino più giovane, era li con un pezzo in mano e chiese:
"Senti mi hanno detto che tu hai appena finito di sistemare una barca e adesso ne stai preparando un’altra, a me si è rotto questo pezzo sulla mia, potresti mica darmi un consiglio o una mano?"
Guardarono il pezzo e provarono a fare insieme il lavoro, da quella volta lui e il ragazzo si salutarono come se si conoscessero da sempre.
La risposta arrivò come un lampo che annuncia la pioggia in un pomeriggio d’estate.
Solo chi è stato spinto da un desiderio di imparare qualcosa e lo ha fatto ha qualcosa da insegnare e può trasmetterlo ad altri. Perché questa cosa è veramente parte di lui.
Il ragazzo capi allora il valore dei pomeriggi passati insieme al vecchio maestro d’ascia a Carloforte non chi comprò la barca la conosceva davvero, ma solo chi la costruiva e le dava la vita.
Solo chi sapeva trasformare la materia grezza e darle la vita ,conosce lo “spirito” di ciò che trasforma.
Il dono più grande non è avere la barca.
Il dono più grande e sapere costruire una barca.
Questa storia che ho sentito a Carloforte, mi dicono sia un fatto veramente successo.
L’anno scorso ho visto il posto dove c’era il vecchio cantiere, ma adesso al suo posto c’è un supermercato.
Dicono anche che il ragazzo non viva più a Carloforte.
Avete mai visto una barca fatta come le “Carlofortine”, con i fianchi bassi ma un poco più grossa delle altre e lo scafo verniciato di nero, il ponte in teak e le finestrelle sui lati in ottone lucidato?
Io l’ho vista solo una volta circa cinque anni fa.
Era la mia prima barca.