In un freddo pomeriggio invernale di tanti anni fa, due dodicenni, Franco ed Emilio, dopo la scuola si incontrarono nel lungomare di Carloforte.
Franco disse all'altro:
"Sai che da domani avremo un vecchio canotto tutto per noi?!?!"
Emilio rispose: "Come? Un canotto?”
Franco gli spiegò di averlo avuto in dono da un anziano amico di famiglia, il quale, non potendo
più vogare per via dell'età avanzata, aveva inteso donarlo affinché
qualcuno si potesse impadronire della cultura del mare e perché quei vecchi legni potessero continuare a solcare il mare,
così come avevano fatto per tanti anni, grazie alla sola forza delle braccia.
Franco ed Emilio compresero che quella era una giornata straordinaria e che la loro
passione per il mare, fino a quel momento fatta solo di racconti, stava per concretizzarsi.
Finalmente avrebbero posseduto un qualcosa tutto per loro.
L´indomani pomeriggio il sogno divenne
realtà. Franco ed Emilio, dopo una interminabile mattinata a scuola, al suono della campanella, si precipitarono dalla scuola alla
"Sanità", ossia il quartiere dove vi era, e vi è ancora adesso, il porticciolo
per le barche da diporto.
Il padre di Franco, nella stessa mattinata, aveva ormeggiato il canotto al largo; non fu difficile individuarlo per i due amici. Era quello con la coperta
color verde, le fiancate bianche ed il resto della carena rosso.
Il sogno divenne
realtà!
Il canotto venne subito raggiunto mediante una piccola barchetta in vetroresina, ormeggiata alla banchina, presa temporaneamente in
prestito. Senza neanche curarsi di tornare a casa per il pranzo, dato l'entusiasmo,
i due presero possesso del tutto: un bel paio di remi nuovi, gli scalmi in ottone, il
boccaporto sulla prora che si chiudeva mediante una barretta che ruotava su se
stessa!
Certo, le condizioni del vecchio canotto erano a dir poco pessime; i vecchi legni
rimanevano assemblati fra loro per il rotto della cuffia, ma la gioia e l´incoscienza erano tali che, quei particolari, seppur importantissimi, passarono in secondo piano.
Le giornate successive videro i due amici impegnati a discutere il da farsi.
Emilio, fra le altre cose, propose a Franco di praticare la pesca dei ricci al largo di
"Tacca Rossa" , dato il periodo dell'anno favorevole. La cosa non venne nemmeno
dibattuta; in un battibaleno i due amici si procurarono uno specchio (attrezzo cilindrico dotato di maniglie nella parte superiore, con un vetro alla base, con cui
è possibile dalla barca vedere il fondale) ed una canna molto lunga, aperta in quattro parti nel punto terminale mediante un tappo di sughero legato da una cima per permettere la presa dei ricci, una volta individuati.
Ogni giorno, alternandosi alla faticosa voga, vi era la scoperta di un luogo diverso,
più o meno pescoso. Lo spettacolo ogni volta era sempre più bello: si vedevano sul fondale le
"nacchere", i branchi di "sarpellotte", "siguelle" e, qualche volta, dei delfini che emergevano qua e la, specialmente quando il mare era particolarmente calmo.
La pesca andava benissimo, ogni tanto capitava il riccio maschio ed i due si divertivano a deridersi l'un l'altro per via dell'errore compiuto ( i ricci commestibili
sono solo quelli femmina, ossia quelli di color rossastro, marrone o viola).
Le giornate passavano all'insegna del divertimento e delle previsioni sulle future tecniche di pesca. I progetti erano quelli di costruire dei palamiti, un paio di reti da pesca, una sfilza di bolentini ed altro ancora. L'entusiasmo dei due era tale che quando non vi erano le lezioni si alzavano alle cinque del mattino, si ritrovavano sulla banchina del porto grande ove aspettavano l'arrivo dei pescatori che, a loro volta, vendevano i gamberetti che venivano usati come esche per la pesca al bolentino.
Ogni volta iniziava una nuova avventura; talvolta si ritornava a casa super affaticati, senza neanche l'ombra di un pesce, ma andava bene lo stesso. La soddisfazione era quella di disporre una barca tutta per loro. Tutto il resto non contava niente.
La noia era qualcosa di
sconosciuto!
Passavano i mesi e la
necessità di manutenzionare il canotto non fu più prorogabile. I legni,
già segnati dalle tante miglia marine percorse, proprio non ce la facevano
più.
Emilio e Franco decisero quindi di mettere il canotto in secca sulla spiaggetta della
"Sanità". Si fecero aiutare da qualche amico e la piccola barca venne condotta a terra.
Un anziano signore, titolare di un cantiere navale situato nei pressi, interpellato dai due amici, disse loro che la spesa per rimettere in sesto la piccola barca in legno, era tale che sconsigliava l'intervento.
Franco ed Emilio rimasero sconfortati da tale
asserzione. Il sogno era finito; non ci sarebbero più state le giornate all'insegna della pesca e del divertimento in mare. I due cercarono di dimenticare, ma non era facile...
Passarono i mesi e la barca in secca sembrava che soffrisse senza il suo mare blu e senza i suoi piccoli timonieri appariva consumarsi sempre
più.
La brutta sorpresa per Franco ed Emilio venne un brutto giorno che decisero con le loro biciclette di andare a trovarla
là dove l´avevano lasciata.
La barca era stata definitivamente
distrutta!
Qualche pescatore disse loro:
"Sun shtèti i figgiö de cassinèe che ghe zugòvan sùvia”
(sono stati dei ragazzini del quartiere "Cassinèe" che vi stavano
giocando sopra).
Del vecchio canotto rimase ben poco e con lui sparirono definitivamente
tutti i sogni fin lì coltivati. Per i due amici ci volle molto tempo per smaltire la delusione, ma ce la fecero e non si perdettero d'animo. La passione per il mare se la portarono sempre con loro.
Il destino
però volle che tempo dopo Franco venne contattato in Carloforte da vecchi amici di Belluno i quali, al termine delle loro vacanze estive, gli dissero:
"Ascolta Franco, ti andrebbe di tenerci tutto l'inverno la nostra barca a vela dotata anche di motore? Se accettassi di curare la
"Blue Point" te ne saremo certamente grati, in cambio ne
potrai disporre a tuo piacimento!”
Vi lascio immaginare la risposta e quello che nuovamente Emilio e Franco si misero a progettare!!!
Oggi sono due adulti che quando si incontrano, purtroppo solo una volta all'anno, la prima cosa che si dicono dopo essersi salutati
è sempre quella... "Ti ricordi quando ci mettevamo ai remi per andare a pesca col nostro
canotto?"
E poi la vita continua, così come continua la passione per Carloforte e per il mare. Passione che non si
cancellerà mai.
Quei due ragazzini siamo io e Felice
Serra!
Ho usato i nostri secondi nomi senza un preciso motivo. Credo di averlo fatto
perché nella vita ognuno di noi ha storie positive e negative da raccontare e
perché questa, almeno per noi due, riunisce l'uno e l'altro aspetto e, soprattutto, intende far conoscere cosa
può rappresentare il mare per chi, come noi, è nato in un'isola e non
può fare a meno di amarlo e rispettarlo.
Pier
Franco
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