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Al
telefono |
Antonello
Repetto
Denunciante da Carloforte, Isola di San Pietro, costa
sud-occidentale della Sardegna, in provincia di Cagliari. |
Repetto
è preoccupato dal gran traffico di navi che transitano nel
canale dell'isola, un tratto di mare che nel punto più stretto
è largo appena 3 miglia, battuto da venti di maestrale e
caratterizzato da molte secche.
E' frequente che le navi si arenino, o, peggio, affondino, come
nel caso dell'Eurobulker , 2 anni fa, o, negli anni '60, della
nave mercantile Fusina. Anche pochi giorni fa, l'11 novembre,
una motonave liberiana carica di zinco ha rischiato il
naufragio, sventato solo dal tempestivo intervento della
Capitaneria di Porto di Portoscuso.
Le navi che transitano nel canale sono per lo più dirette verso
le zone industriali di Portovesme, dove c'è una grande centrale
Enel, e Portoscuso e trasportano materie prime come carbone,
alluminio, zinco etc.
Perché non obbligare le navi a circumnavigare l'isola,
lasciando libero il canale che, tra l'altro, serve ai traghetti
che fanno servizio dall'isola alla Sardegna?
L'isola è ricca di bellezze naturali e la pesca è , con il
turismo, tra le principali risorse degli abitanti: un disastro
ambientale su queste coste sarebbe la fine per l'economia di San
Pietro |
Giancarlo
Canavera
Da Bellinzona, Svizzera |
Originario
di Carloforte, ha dato vita ad un Comitato ed un sito
www.isoladisanpietro.org, che ha promosso una raccolta di firme
tramite la "Petizione per la tutela del Canale e dell'Isola di San Pietro.
La petizione è partita nel dicembre 2000, dopo il disastro
provocato dall'affondamento della nave carboniera russa
Eurobulker IV, avvenuto la notte del 3 ottobre al largo di Capo
Altano, nel Canale di San Pietro, 25 giorni dopo l'incagliamento
dell'imbarcazione.
Affondando, l'Eurobulker IV trascina con se 14.000 delle 17.000
tonnellate di carbone che trasportava, solo 3000 le tonnellate
recuperate. La petizione, che chiede la costituzione dell'Area
di Protezione Ambientale del Canale e dell'Isola di San Pietro,
ha raccolto 3293 firme in 23 nazioni e 980 città. |
Paola
Buioni
Presidente della sezione WWF di Santa Teresa di Gallura
(Sassari) |
La
Buioni partecipo' alla puntata di Radioacolori del 27 giugno
2000 in cui si denunciava il rischio petroliere nelle Bocche di
Bonifacio, lo stretto braccio di mare che separa la Sardegna
dalla Corsica.
Un passaggio stimato in circa 5000 petroliere l'anno. I
tentativi di soluzione del problema sono affidati ad una serie
di accordi tra Francia e Italia e ad alcune limitazioni del
traffico che hanno prodotto i loro frutti: il numero delle navi
è oggi ridotto. Ancora non si è creato invece il Parco Marino
Internazionale dello Stretto che potrebbe rivelarsi una
soluzione efficace sia dal punto di vista naturalistico che
giuridico. |
Gaetano
Benedetto
Responsabile Relazioni Istituzionali del WWF Italia |
Il
WWF ha seguito da vicino la vicenda dell'Eurobulker IV,
sottolineando la responsabilità delle aziende che sono
destinatarie di carichi pericolosi, come l'Enel ,che ha una
centrale a Portovesme , nel caso del canale di Carloforte, dove
la nave era diretta.
Le aziende dovrebbero mettere in atto controlli e azioni forti
per scongiurare gli incidenti, impegnando nei contratti in modo
esplicito i propri fornitori a dare garanzie dal punto di vista
della sicurezza In particolare in Sardegna sono frequenti gli
incidenti provocati dal transito di navi con carichi pericolosi,
che hanno avuto pesanti ripercussioni sull'ambiente marino e
costiero dell'isola.
Sarebbe auspicabile anche un maggior impegno da parte della
Regione verso questo grave problema attraverso interventi mirati
verso le aziende e gli organi di governo.
Secondo Benedetto, inoltre, nel caso di San Pietro, sarebbe
facile trovare un'alternativa, cioè obbligare le navi a
circumnavigare l'isola. Il canale, infatti, non ha valenza
internazionale e le acque sono acque territoriali italiane.
Basterebbe un'ordinanza della Capitaneria di Porto a scongiurare
l'ingresso di navi pericolose nel canale.
Diverso è il caso di altri canali, come le Bocche di Bonifacio,
che hanno una rilevanza internazionale e per i quali si fa
riferimento alle Norme sulla navigazione che impediscono di
sbarrare il transito in tratti di mare ,se non in presenza di
precisi accordi internazionali. |
Sebastiano
Venneri
Responsabile mare di Legambiente Italia |
Come
rappresentante di Legambiente ha partecipato ieri pomeriggio al
Ministero dell'Ambiente alla prima riunione del comitato di
monitoraggio previsto dall'accordo volontario siglato nel giugno
2001. Un accordo rimasto 1 anno e mezzo nel cassetto e tornato
d'attualità grazie al naufragio della Prestige. L' accordo,
siglato dai Ministeri dell'Ambiente e dei Trasporti insieme a
Confindustria, Sindacati, Assoporti, WWf e Legambiente, prevede
entro il 31 dicembre 2003 l'eliminazione progressiva delle
cisterne a scafo singolo per il trasporto di greggio ed entro il
31 dicembre 2005 quelle delle navi adibite al trasporto di
sostanze pericolose.
Lo stesso accordo prevede anche una serie di interventi a favore
dei porti situati nelle aree sensibili, tra cui Marghera e le
Bocche di Bonifacio.
Un riferimento specifico nell'accordo è dedicato alla necessità
promuovere nei contratti di noleggio per l'utilizzazione di navi
'clausole che escludano espressamente il transito nelle Bocche
di Bonifacio' e alla necessità di adottare 'specifiche e più
elevate misure di sicurezza ambientale per i trasporti marittimi
di sostanze pericolose nella Laguna di Venezia' |
Aldo
Cosentino
Direttore generale della Direzione per la conservazione
della natura e difesa del mare del Ministero dell'Ambiente. |
Il
Comitato di monitoraggio istituito dall'accordo volontario del
giugno 2000 è di competenza dell' ufficio di Cosentino. Più in
generale, tutti i provvedimenti e le decisioni relativi alla
difesa del mare dipendono dalla sua direzione.
Commentando l'affondamento della Prestige, il Ministro Altero
Matteoli ha dichiarato: 'Anche l'Italia è particolarmente
esposta e vulnerabile a disastri di questo tipo.(...) L'Italia
ha navi sufficientemente sicure, il problema è che arrivano nei
nostri porti navi da tutto il mondo e non tutte rispettano i
criteri di sicurezza. (...) Ho dato mandato alle Capitanerie di
porto di fare una ricerca per avere un quadro di quante navi non
sicure arrivano in Italia: subito dopo decideremo i
provvedimenti restrittivi per evitare che cio' accada.'
Cosentino ci puo' anche chiarire come si puo' intervenire a
Carloforte: se il canale rientra integralmente in acque
territoriali italiane è possibile decidere di limitare la
navigazione e con quali strumenti? |
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Per
inviare una e-mail al comitato della
“Petizione per la tutela del Canale e dell’Isola
di S. Pietro”
clicca qui sotto
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