Non ho le pretese di fare la presentatrice del libro di Walter Zappon, sarebbe troppa presunzione. Piuttosto, lui furbo, mi ha coinvolta perché la sua narrazione tocca punti troppo dolorosi della terra che ho lasciato e dalla quale giungono costantemente notizie tristi e sconvolgenti. Certamente il nostro autore ha saputo cogliere nella sua espressione letteraria tutta la crudeltà e le violenze che i potenti infliggono alle popolazioni inermi.
Parodi, il protagonista del romanzo, sensibile alle problematiche scaturite dall’usufrutto selvaggio della natura e degli esseri umani, cerca di dare il suo contributo per fermare la mano degli aguzzini di popolazioni minacciate di sterminio. Cerca in tutti i modi di fermare la rovina di una delle riserve più importanti per l’umanità, la foresta amazzonica dove pian piano spariscono la fauna e la flora. Però c’è dell’altro che è ancora più macabro, il traffico di organi umani prelevati dagli indigeni che sottoposti alle peggiori torture, vengono uccisi ed i loro organi diventano merce di scambio.
In tale contesto abbondano personaggi cinici, amorali, perversi che, coperti dall’omertà della paura che incutono, si sentono liberi di agire indisturbati. Sono personaggi che con il loro comportamento non solo fanno del male fisico, psicologico e morale ai malcapitati, ma riescono a
svuotargli l’anima dal momento in cui l’innocenza di questi indigeni, ancora allo stato primordiale, viene strappata senza riuscire a capire per quale motivo siano vittime di tanta malvagità. C’è un passaggio molto bello nel quale il pagè fa un paragone fra gli Indios e le foglie
"Noi Indios siamo come le foglie, quando cadono non fanno rumore, e una volta a terra scompaiono. A chi può interessare quante foglie cadono, se non sono nel loro giardino!!!" (pag. 41).
La loro difesa resta soltanto quello che fa parte della loro cultura, la magia, e ad essa si affidano. Ecco che il pagè Gualco si affida agli HEKURA, gli spiriti amici dai quali riceve forza ed intuito per agire.
L’inserzione di questo elemento magico nel racconto, lo trovo molto interessante. Mi fa ricordare un’intervista fatta a Garcia Marquez quando vinse il premio Nobel. Il giornalista gli chiese, come mai i suoi romanzi fossero così pieni di fantasia al che lui rispose:
“Voi europei pensate che i miei libri siano solo fantasia, non è così, purtroppo la realtà latinoamericana è talmente dolorosa che possiamo sopportarla solo se la viviamo prendendola come fantasia, come qualcosa di magico”. Ecco cos’è il realismo magico che troviamo in Cento anni di solitudine, nel Autunno del Patriarca ecc.
Ma, torniamo al nostro libro. L’idealismo del protagonista, la sua personale visione del mondo, basata sul rispetto, si scontra con quella dei personaggi che vedono nel profitto e nella soddisfazione dei più bassi istinti la loro unica ragione di esistere. I crudi passaggi del libro, che descrivono il comportamento di questi vessatori, lasciano l’animo turbato per la loro crudeltà e le sevizie di cui sono capaci. Ed è in questi passaggi che il romanzo diventa una denuncia, un grido di aiuto verso un mondo che dovrebbe essere protetto, rispettato in tutte le sue forme.
Penso che con questo libro l’uomo-scritore, cioè Zappon, simbolizza la sua personale relazione col mondo esterno, e ci avvicina ad una forma di realtà nella quale, le cose fondamentali ed
essenziali, devono continuare ad esistere impegnando la nostra coscienza e
- come Parodi - lottare nella difesa dei più deboli e di una natura che riguarda tutti nell'intero pianeta.
Signora
Luz Castano
Assessore alla Cultura del Comune di Carloforte |