CARLOFORTE. Una paio di giorni, e forse si comincerà a capire se la nuova stagione delle mattanze sarà come quella, straordinaria, dell’anno scorso.
Intanto, la tonnara carlofortina dell’ Isola Piana è già in pesca: tutte le reti sono ancorate a dovere e gli stabilimenti della località “la Punta”, già a pieno regime.Il giovane ma esperto “Rais” (il capo mattanza), Luigi Biggio, 37 anni, di Portoscuso, smorza però i facili entusiasmi: “Sta andando tutto bene, il lavoro è stato completato, per il resto, dipende dal mare”, commenta.
A dire la verità un piccolo segnale positivo ci sarebbe: “nelle reti sono già rimasti impigliati due piccoli tonni”, spiega infatti il rais.
A confortare sono anche i numeri che riassumono il 2001 della tonnara carlofortina: quasi 4000 tonni pescati, splendidi esemplari superiori ai 400 chili, mattanze che hanno toccato punte di 500 tonni.
Se i polverosi registri non hanno mentito, erano almeno 30 anni che l’Isola Piana non pescava tanto, e per risultati migliori bisogna andare a ritroso sino ai primi anni del secolo appena trascorso.
La scommessa è la stessa dell’anno scorso, quando, per la prima volta nella secolare storia delle tonnare sarde, si fece mattanza ad aprile (per la precisione il 24, e si presero una quarantina di tonni), visto che molti studi indicano, già da diversi anni, un anticipo dei tonni nelle loro migrazioni oceaniche di quasi un mese.
Ma veniamo agli uomini impegnati nella mattanza:
i tonnarotti (coloro che fanno la mattanza), sono 42, divisi equamente fra carlofortini e portoscusesi ma, come sottolinea il Rais Biggio, “un’unica ciurma”.
Non mancano poi 10 uomini della squadra di terra (che caricano e puliscono i tonni negli stabilimenti), e 4 sub, che hanno il compito di riparare le reti, avvisare se ci sono squali o pescispada che potrebbero spaventare i tonni, ma, soprattutto, di dare il via perché i tonnarotti possano imprigionare i tonni e pescarli.
A supervisionare tutto, ci sarà come sempre Giuliano Greco, responsabile della “Consociazione tonnare sarde” (che gestisce le tonnare dell’Isola Piana e di Portoscuso).
Se negli anni tante cose sono cambiate, la tonnara è rimasta quasi immutabile:
una sorta di edificio subacqueo (isola), composto da reti ormeggiate con ancore e cavi, e diviso in cinque camere, che da levante a ponente si chiamano: “Grande” (dove entrano i tonni), “Bordonaro”, “Bastardo”, Camera (detta anche «di ponente»), e “Camera della morte”.
Fra il “Grande” e il “Bordonaro”, perpendicolarmente c’è la coda (o “cudda”), rete lunga più di un chilometro, che costringe i tonni verso la tonnara.
Ogni camera comunica con le altre per mezzo di “porte” che possono essere chiuse o aperte (abbassate o tirate su), a piacimento.
La «Camera della morte» è differente, perché le maglie vanno mano a mano stringendosi ed ha il fondo mobile (Corpus): tirato su lascerà i tonni intrappolati, che poi verranno sollevati dai tonnarotti e portati a terra.
Ora manca “solo” l’arrivo in massa dei “tonni di corsa”, ed uno dei più antichi e duri mestieri del mondo, rivivrà, per concludersi il 13 giugno (Sant’Antonio da Padova), giorno che, tradizionalmente, segna la fine del passaggio dei tonni davanti all’isola di San Pietro, e la conclusione delle mattanze. Mariano
Froldi
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